Le ville abusive a Mondello | "Adesso il Comune intervenga" - Live Sicilia

Le ville abusive a Mondello | “Adesso il Comune intervenga”

Foto di archivio

Depositate le motivazioni su una presunta lottizzazione abusiva a Mondello.

PALERMO - LE CONDANNE
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PALERMO – Se a Mondello è stata compiuta una lottizzazione abusiva, e il Tribunale ne è convinto, il Comune nulla ha fatto per fermarla. Al contrario con la sua “acquiescenza deliberata” ha favorito gli abusi edilizi in via Miseno.

Da un lato il Comune ha incassato una provvisionale da 500 mila euro per i danni subiti, dall’altro viene pesantemente bacchettato. È durissima, infatti, la motivazione della sentenza con cui il Tribunale lo scorso 22 marzo ha condannato tutti gli imputati, ordinato la confisca delle ville e inviato gli atti alla Procura affinché indaghi sulle “protratte omissioni dell’ufficio tecnico del Comune di Palermo e della Soprintendenza, con riguardo ai provvedimenti sanzionatori e ripristinatori del territorio omessi”.

“Non può non rilevarsi che se tutto ciò accadde – si legge nella motivazione scritta dal presidente Marina Petruzzella – fu anche dovuto alle responsabili omissioni dei capi dell’amministrazione comunale, vale a dire dei sindaci, ma anche degli assessori all’urbanistica e dei dirigenti responsabili dell’ufficio tecnico”.

Sotto accusa, tra gli altri, c’erano due funzionari comunali, gli architetti Giuseppe Monteleone e Mario Li Castri – anche loro proprietari delle ville – il progettista Giuseppe Tagliareni, il costruttore Paride Tagliareni, il notaio Santo Di Gati, quattro dipendenti dell’Edilizia privata: Daniela Rimedio (dirigente), Fabio Seminerio, Lucietta Accordino (dirigente), Giuseppe Orantelli e i proprietari delle villette. Queste le pene: tre anni ciascuno di carcere a Giuseppe Orantelli, Salvatore Lupo e Lucietta Accordino (rispondevano anche di abuso d’ufficio). Due anni ciascuno di carcere e 80 mila euro di ammenda per Paride Tagliareni e Giuseppe Tagliareni, Santo Di Gati, Giuseppe Monteleone, Mario Li Castri. Un anno e otto mesi e 60 mila euro di multa per Loredana Velardi e Paola Avellone. Un anno e tre mesi ciascuno e 50 mila euro di multa per Salvatore Di Piazza, Concetta Ravalli, Francesca Vullo, Graziano Magnanini, Maria Concetta Fontana, Cristina Magnanini, Morena e Armida Perna, Angela Corso, Cristiana Fabozzi, Maria Vittoria Marazzitti. Prescritte le accuse nei confronti di Daniela Rimedio e Fabio Seminerio.

Secondo l’accusa, per costruire le ville si sarebbe dovuta seguire la procedura del piano particolareggiato che, a garanzia dei vincoli paesaggistici, prevede un passaggio in Consiglio comunale. Ed invece, per snellire le pratiche, sarebbe stata sfruttata una circolare, la Schemmari, firmata nel 2006 a poche settimane della richiesta di concessione edilizia e ratificata dal Consiglio comunale. La circolare avrebbe aperto una maglia, consentendo di costruire in deroga al piano regolatore, bypassando la necessità di un piano particolareggiato con un planivolumetrico dall’iter molto più snello.

Le indagini, secondo il collegio, vanno estese altrove perché le anomalie scoperte in via Miseno, “costituiscono un metodo sistematicamente applicato” in altre zone della città , “infatti il processo ha portato alla luce che le specifiche vicende della lottizzazione della via Miseno avvennero nel contesto ben più ampio e di macroscopica gravità delle lottizzazioni abusive avallate col metodo del planivolumetrico. Al punto che, come hanno messo in risalto i difensori dagli imputati (ma a loro discarico) ben 40 lottizzazioni condotte con questo metodo illegale venivano nel 2015 inserite nel documento di presentazione del nuovo Prg di Palermo (intitolato Palermo 2015- 2025 la città che vogliamo!) sottoscritto anche dal sindaco (era ed è Leoluca Oroando, ndr) dall’allora assessore all’urbanistica e da tanti altri”.

Ce n’è abbastanza, secondo il presidente Petruzzella, divenuta negli anni un riferimento per le sentenze in materia di abusivismo edilizio, tanto che si può parlare di “allarme sociale in rapporto allo stravolgimento urbanistico dei luoghi”.

Il ragionamento del Tribunale va oltre le vicenda penali. Il Comune aveva e ha l’obbligo di intervenire senza aspettare l’esito dei processi penali, che spesso si concludono con la prescrizione. “Troppo spesso infatti nella pratica quotidiana in modo distorto e forviante viene attribuito alla sentenza di prescrizione degli aspetti penali dell’abuso urbanistico ed ambientale – si legge ancora nella motivazione – un valore purgante dell’illecito tout court (laddove in realtà l’illecito amministrativo permane fin tanto che non vi sia un intervento ripristinatorio che ne elimini gli effetti), come se la prescrizione penale conferisse anzi all’abuso un crisma di raggiunta legalità ed intangibilità dell’illecito e come se valesse di conseguenza ad esentare le autorità amministrative preposte – prosegue dai loro permanenti e pregnanti obblighi repressivi degli abusi e ripristinatori dell’integrità del territorio, assegnati dalla legge in funzione della tutela dei fondamentali valori costituzionali della sicurezza pubblica e privata, della salubrità e vivibilità dell’ambiente anche urbano”. Il Comune in sostanza ha l’obbligo di mettere a posto le cose senza aspettare l’esito dei processi penali.  

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