PALERMO – L’annullamento della Cassazione, seppure con rinvio, dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere rimette in discussione la vicenda giudiziaria di Massimo Mulè.
I supremi giudici hanno accolto il ricorso dell’avvocato Giovanni Castronovo. Il Riesame, che aveva confermato la misura cautelare emessa lo scorso dicembre, dovrà rivalutare la posizione dell’uomo che viene indicato, assieme al fratello Salvatore, alla guida della famiglia mafiosa di Ballarò.
I nomi di Salvatore (U papparieddu) e Massimo Mulè (U topo) erano finiti nell’elenco dei nuovi capi di Cosa Nostra dell’inchiesta “Cupola 2.0” e cioè quella che ha bloccato sul nascere la rifondazione della commissione provinciale, inattiva dall’arresto di Riina. A rappresentare in commissione il mandamento di Porta Nuova c’era Gregorio Di Giovanni, ai cui ordini rispondevano anche i fratelli Mulè.
La loro operatività, raccontavano alcuni boss intercettati, era dovuta al rispetto nei confronti del loro padre, Francesco, ergastolano. E così anche se non tutti erano D’Accordo, ad esempio Rubens D’Agostino li definiva ”per la pressa” cioè incapaci, i Mulè avrebbero dettato legge nel popolare quartiere palermitano. Un ruolo di cui altri, così ha sostenuto l’avvocato Castronovo, parlavano de relato. La verità è che, secondo il legale, Mulè non viene citato in alcun episodio o reato specifico. E su questo che la Cassazione probabilmente, la certezza si avrà con la motivazione, chiederà una nuova valutazione al Riesame.
Mulè, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, aveva negato di conoscere Francesco Colletti, boss di Villabate divenuto pentito, che ripeteva il suo nome nell’organigramma della mafia. Perché mai il boss di Villabate gli attribuiva un ruolo di primo piano a Ballarò? “E che ne so, da quando sono stato scarcerato mi sono dedicato alla mia famiglia, al mio lavoro, ho conosciuto mia moglie e ho un figlio, essere messo di nuovo in questa situazione mi fa stare male. Sono sempre sui giornali ed è normale che la gente parli di me, ma io non c’entro niente”. Sui giornali Mulè c’è finito per vecchie e nuove condanne.