PALERMO – Rabbia e disperazione tra i ristoratori che per la seconda volta dovranno abbassare le saracinesche. Pub, ristoranti e bar potranno lavorare solo da asporto, anche se molti rimarranno chiusi sette giorni su sette, fino al 4 dicembre. Scattano oggi le misure del nuovo Dpcm che classifica la Sicilia come zona arancione.
“Oggi la rabbia non è per la chiusura – spiega Enrico Taormina gestore del ristorante Zaharaziz Tonnara Florio – era prevedibile che potesse accadere, ma quanto perché la Sicilia non si sia organizzata per la seconda ondata della virus. Io non so a chi attribuire le colpe, se al governo regionale o quello nazionale, oggi, di fatto, sono state eliminate le attività che potrebbero essere pericolose, anche se nessuno studio l’ha ancora dimostrato. C’eravamo organizzati per affrontare in sicurezza la stagione – aggiunge -, abbiamo sostenuto delle spese nella speranza di lavorare e farlo in sicurezza per noi e i nostri clienti. Uno stop che coinvolge tantissimi addetti ai lavori. Dietro a un evento, un matrimonio, un compleanno ci sono tanti lavoratori. Oggi si assiste a un lockdown mentale: la gente non viene neanche a chiedere un preventivo. La zona gialla avrebbe dato un po’ di respiro a delle fasce che adesso sono a casa e non potranno pagare le utenze, gli affitti e gli stipendi”.
Poi sulla possibilità di organizzarsi per la consegna a domicilio Taormina è categorico: “Si risparmia restando chiusi, non ci conviene aprire non abbiamo quel target di clientela”. “Logisticamente non abbiamo un precedente per l’asporto, poi da settembre all’Arenella non c’è molta gente. La Tonnara non è un locale da delivery, non c’è l’abitudine del take away. Siamo scelti per il cibo e per la location”. Ad alcuni dipendenti è scaduto il contratto e non è stato rinnovato, altri tre sono in cassa integrazione . “Navighiamo a vista – prosegue Taormina – non possiamo permetterci nessuna programmazione a lungo raggio. Non abbiamo idea come e quando ci permetteranno di riaprire. Oggi la manutenzione e il giardinaggio sono rimasti le attività che svolgiamo”.
Anche il noto ristorante Canopia di Mongerbino, in attesa di una prossima apertura a Palermo, ha deciso di non organizzarsi con l’asporto e di chiudere. “Durante il primo lockdown lo abbiamo sperimentato con il sushi – dicono Ezio Fontana e Tamara Carone – perché in quel periodo andavamo incontro all’estate e in zona ci sono delle ville con gente che va solo per il periodo estivo. Adesso il nostro asporto sarebbe fatto di pizza e panini ma la gente non ha molti soldi e per chi non vede prospettiva di lavoro non li spende per un capriccio. Possiamo valutare l’asporto con l’apertura della pizzeria a Palermo, allora avrebbe un senso, entrando anche nelle piattaforme social food”. Ma la vera difficoltà dei due ristoratori è legata ai dipendenti. “È un decreto che danneggia noi, i nostri collaboratori e tutto l’indotto. C’è una rete che lavora con i ristoranti come le lavanderie e i pastifici. Quello che adesso è assolutamente necessario per affrontare questa emergenza – commentano i due ristoratori – è la certezza di avere contributi sicuri e immediati a sostegno del nostro settore. Infine, la coppia si sbilancia anche a una proiezione futura. “Immagino che alla fine della pandemia quelli che saranno più danneggiati saranno i ristoranti con un’offerta gastronomica di alto livello. La ristorazione di alto livello è destinata a perdere, con un danno a un settore che fa cultura perché la cucina italiana è unica al mondo”.