CATANIA – Ci sono due anni cruciali nella storia recente della mafia catanese. Il 2009 e il 2012. Perché è cambiata la geografia criminale, con ‘trasmigrazioni’ di gruppi mafiosi da un clan ad altre cosche. E con intere famiglie mafiose, alcune storiche, che hanno rafforzato gruppi criminali e indebolito altri. Ultimamente ha fatto dichiarazioni Fabio Reale, ex organico – come lui stesso si definisce – del clan Carateddi (frangia del clan Cappello), sulle dinamiche del passaggio dai Santapaola avvenuto nel 2009. Argomento anche al centro di alcune dichiarazioni del boss Mario Strano nel processo Camaleonte che però gli inquirenti ritengono “fantasiose” e motivate semplicemente per alleggerire “la sua posizione”.
Il pentito – a tal proposito – fa una premessa: “Mario Strano ha fatto delle confessioni ma non sono come dice lui”. In sintesi il boss di Monte Po ha spiegato che uno che è stato “Cosa nostra non potrebbe mai passare con i Cappello”. Non è dello stesso avviso Reale che spiega: “Nel 2009 noi siamo usciti dal blitz Plutone, Mario Strano (ai domiciliari) mi manda a chiamare a casa sua e dice che fra qualche giorno dovrebbe arrivare una risposta dei palermitani dove noi dobbiamo essere una nuova famiglia a Catania, perché quando lui era in carcere a Bicocca, lui come Pietro Crisafulli (da decenni in carcere, ndr) e non so se c’erano altri, sono stati fatti uomini d’onore tramite Ciccio La Rocca e gli Squillaci, Pippo e il figlio”. Un racconto che è simile a quello raccontato da Francesco Squillaci ai magistrati. E che è finito nei faldoni del processo Thor.
Ma torniamo alle parole di Reale. Ciccio La Rocca, boss di Caltagirone deceduto pochi mesi fa, avrebbe detto a Mario Strano, visto che sarebbe stato il primo ad uscire dal carcere, che avrebbe dovuto attendere la risposta dei palermitani (“Perché se non c’è lo sta bene dei palermitani questi uomini d’onore non valgono niente”). Però una volta fuori nel 2009 “Mario Strano questa risposta non l’ha voluta aspettare. E – racconta Reale – dopo una ventina di giorni mi dice: “Da oggi in poi non siamo più Santapaola, ma siamo liberi, però vicino al clan dei Carateddi”.
Il pentito avendo recepito il messaggio del suo “capo”, a chi chiedeva se fossero passati con i Carateddi rispondeva che “non erano con nessuno, ma eravamo amici”. Queste affermazioni però sarebbero arrivate alle orecchie di Sebastiano Lo Giudice, reggente dei Carateddi all’epoca. Il boss sarebbe andato a casa di Strano e avrebbe rimproverato Reale che si trovava lì: “Perché vai in giro dicendo che non fai parte dei Carateddi?”. A quel punto ci sarebbe stato uno scambio di sguardi e il collaboratore sarebbe arrivato alla conclusione che la storia dell’autonomia era “una bufala” di Strano per riuscire a coinvolgere “parenti e tutti”. Ma per Reale non ci sono dubbi, facevano parte dei Carateddi anche perché ci sarebbe stata una riunione “dove Sebastiano Lo Giudice ha presentato a tutti noi al clan dei Santapaola, dei Laudani, dove diceva che noi facevamo parte della loro famiglia, sia gli Squillaci, che Strano di Monte Po”. Un summit che sarebbe avvenuto nel capannone di “Ciccio Giocattoli” verso la fine di giugno 2009. Sarebbero stati presenti Enzo Aiello, Sebastiano Laudani, Daniele Nizza. La famiglia Strano, invece, sarebbe stata rappresentata da Ciccio Mannarà “perché sia Mario che Claudio erano ai domiciliari”. Invece per gli Squillaci, i cosiddetti Martiddina di Piano Tavola, ci sarebbe stato “Nicoletto”.
Ma poi “la famiglia Squillaci se n’è ritornata un’altra volta con i Santapaola”, racconta Reale. Quando? “Nel 2012”. Il pentito non conosce l’esatto motivo di questo dietro front, ma “sicuramente perché hanno arrestato Lo Giudice ed economicamente non avevano più” forza. Ma ci sarebbe una collocazione precisa degli Squillaci rispetto alla mappa dei gruppi del clan Santapaola. “Si erano fatti amicizia con Turi Ciuri (Salvatore Fiore, ndr), con questi qua dei Balatelli”. Insomma il gruppo di San Giovanni Galermo.
Il quadro dipinto da Reale è frutto dell’esame della Pg Iole Boscarino nel corso del processo d’appello Revenge 5 dove è imputato. In primo grado è stato condannato a 27 anni. Ma la fase dibattimentale rischia di doversi ripetere. Un giudice della Corte d’Appello infatti sarebbe incompatibile in quanto si è già espresso su queste stesse contestazioni. Nella prossima udienza sarà sciolta la riserva.