TRAPANI – Sono due le logge segrete che a Castelvetrano avrebbero avuto come “gran maestro” l’ex deputato regionale del centrodestra ed ex componente della commissione antimafia regionale, il medico col pallino della politica, Giovanni Lo Sciuto. La rivelazione viene fuori dagli atti dell’indagine della Procura di Trapani denominata Artemisia. Il processo dinanzi ai giudici è stato appena incardinato, prossima udienza 29 novembre, e già il dibattimento comincia a preentarsi come ricco di spunti a proposito di politica e intrecci con la marcatura massonica.
Quando nel marzo 2019 scattò il blitz dei carabinieri di Trapani con una serie di clamorosi arresti, l’indagine dei magistrati trapanesi portò alla scoperta di una loggia segreta denominata Hypsas avente sede all’interno di una palazzina di Castelvetrano sede del Centro Sociologico Italiano (C.S.I.) interfaccia pubblica della Gran Loggia d’Italia (G.L.D.I.) degli Antichi Liberi Accettati Muratori (A.L.A.M.). Quando i Carabinieri andarono a perquisire gli uffici del principale indagato, l’onorevole Giovanni Lo Sciuto, scoprirono altri elenchi e un’altra loggia segreta la Malophoros. Una storia che è raccontata nel libro appena uscito del giornalista trapanese Marco Bova, “Matteo Messina Denaro, latitante di Stato”. Massoneria e latitanza del capo mafia trapanese, ricercato dal 1993, si incrociano parecchio in questi lunghi anni di caccia al boss. Le carte scoperte nella segreteria politica dell’onorevole Lo Sciuto sono interessanti: un elenco di ‘massoni’ di Castelvetrano appuntato in un block notes dell’Ars, l’Assemblea regionale siciliana.
Tra i nomi nella lista spiccano quello dell’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto e di altri imputati del processo Artemisia. Tra gli iscritti c’era anche il figlio di Antonio Vaccarino, l’ex sindaco dei misteri, protagonista di una
corrispondenza ‘coperta’ dai servizi segreti con Messina Denaro, che nel libro si racconta nell’ultima intervista concessa prima di morire. Non ci sono almeno al momento collegamenti diretti tra le logge segrete di Artemisia con la latitanza di Matteo Messina Denaro, ma ci sono intercettazioni che hanno fatto ascoltare Lo Sciuto che al telefono si vantava di essere amico di gioventu’ di Messina Denaro. Lo Sciuto ha sempre negato di essere un massone (suo fratello Antonino risulta iscritto alla massoneria ufficiale) secondo le indagini avrebbe tentato di mutuare i rituali massonici, anche costituendo l’associazione Malophoros e l’associazione Hypsa. Pronto a tutelare la massoneria sebbene sostenga non appartenervi; questo il testo di una intercettazione: “…Non sono in commissione antimafia Nico’? Appena arrivano le lettere anonime sulla massoneria…quando sono cose di qui le prendo io e le strappiamo”.
Un gruppo di politici parecchio spregiudicato, ma coinvolti ci sono anche alcuni poliziotti, uno dei quali era in servizio alla Dia, un altro in servizio al commissariato di Castelvetrano, ma tra le gole profonde ci sarebbe stato anche un carabiniere rimasto non identificato, che si rapportava tra l’altro col genero di un uomo discusso di Custonaci, Mario Mazzara, zio del killer di mafia Vito Mazzara. Un gruppo capace di violare i segreti raccolti anche presso la Procura distrettuale antimafia di Palermo. Nel 2016 la DDa di Palermo stava sviluppando proprio una indagine sui legami tra mafia e massoneria nella provincia di Trapani. Un capitolo d’inchiesta legato alla latitanza di Matteo Messina Denaro. Ma sebbene doveva trattarsi di una indagine blindata, una intercettazione nell’ambito dell’inchiesta trapanese Artemisia, svelò che proprio Lo Sciuto ebbe conoscenza dell’indagine palermitana.
“Sai che cos’è? …tuo fratello, massoneria, quello e l’altro…ci sono, ci sono ventitre avvisi di garanzia per la massoneria… e li deve firmare il giudice ma ancora non li firma, e secondo me li firma sotto Natale…tuo fratello c’è! Tuo fratello c’è!”. E’ il testo di un colloquio tra Arturo Corso, che avrebe avuto come fonte quel carabiniere rimasto non identificato, e Giovanni Lo Sciuto: “Lo sai perché l’hanno sfumata? Perché c’è stato tutto il bordello che hanno fatto sul giornale e allora loro… si sono tirati un pochettino indietro. Perché erano pronti!…tra l’altro i giudici lo sai perché non lo fanno? Perché sono tutti massoni! Comunque Giovanni se c’è, se c’è l’autorità che spingono, lo debbono fare! … non c’è niente da fare…”.
Un gruppo di politici parecchio spregiudicato, ma coinvolti ci sono anche alcuni poliziotti, uno dei quali era in servizio alla Dia, un altro in servizio al commissariato di Castelvetrano, ma tra le gole profonde ci sarebbe stato anche un carabiniere rimasto non identificato, che si rapportava tra l’altro col genero di un uomo discusso di Custonaci, Mario Mazzara, zio del killer di mafia Vito Mazzara. Un gruppo capace di violare i segreti raccolti anche presso la Procura distrettuale antimafia di Palermo. Nel 2016 la DDa di Palermo stava sviluppando proprio una indagine sui legami tra mafia e massoneria nella provincia di Trapani. Un capitolo d’inchiesta legato alla latitanza di Matteo Messina Denaro. Dall’oggetto dell’indagine palermitana, cioè la cosiddetta “massomafia” e la fuga del capo mafia Messina Denaro, che dura da ben 28 anni, si deduce che doveva trattarsi di una inchiesta super blindata, ma una intercettazione carpita dagli investigatori dell’inchiesta trapanese “Artemisia”, svelò che proprio Lo Sciuto avrebbe avuto conoscenza dell’indagine palermitana.
“Sai che cos’è? …tuo fratello, massoneria, quello e l’altro…ci sono, ci sono ventitre avvisi di garanzia per la massoneria… e li deve firmare il giudice ma ancora non li firma, e secondo me li firma sotto Natale…tuo fratello c’è! Tuo fratello c’è!”. E’ questo il testo di un colloquio tra Arturo Corso, che avrebbe avuto come fonte quel carabiniere rimasto non identificato, e Giovanni Lo Sciuto: “Lo sai perché l’hanno sfumata? Perché c’è stato tutto il bordello che hanno fatto sul giornale e allora loro… si sono tirati un pochettino indietro. Perché erano pronti!…tra l’altro i giudici lo sai perché non lo fanno? Perché sono tutti massoni! Comunque Giovanni se c’è, se c’è l’autorità che spingono, lo debbono fare! … non c’è niente da fare…”.Una indagine quella palermitana, sviluppata dalla Guardia di Finanza, ma per la quale alla fine la Procura di Palermo ha chiesto e ottenuto l’archiviazione. Forse proprio per la fuga di notizie: a leggere la trascrizione dell’intercettazione tra Lo Sciuto e Corso, il muro di segretezza è stato violato, cosa di per se grave ma ancora più grave perché si trattava di una inchiesta anche sulla “caccia” al latitante Matteo Messina Denaro. Ed è un po’ quello che Marco Bova ricostruisce, anche in manera più approfondita, nel suo libro (edito da Ponte delle Grazie). La presentazione ufficiale è prevista per oggi alle 18 presso la Feltrinelli di Palermo. La prefazione è di Paolo Mondani