Hanno fra i 15 e i 50 anni e, oltre a essere ciechi, sono affetti da altre disabilità: c’è chi è sordomuto, chi sulla sedia a rotelle e chi soffre di patologie dai nomi difficili ma dalle conseguenze terribili. Benvenuti nel mondo di una trentina di pluriminorati e delle loro famiglie, abbandonate dalle istituzioni e disperate per essere finite, anche loro, nel grande libro dei dimenticati dall’amministrazione comunale di Palermo.
Il comune, circa dieci anni fa, ha voluto creare per loro insieme all’Unione italiana ciechi un centro aggregativo diurno ospitato in una villa sita in via Molara 158, bene confiscato alla mafia. In questi anni li ha finanziati ma nel 2011, a causa delle ristrettezze di cassa, in bilancio non è stato stanziato un euro e adesso il centro a settembre rischia di non riaprire più, se non interverrà il sindaco Diego Cammarata.
“Il 31 luglio chiuderemo il progetto finanziato lo scorso anno, ‘Oltre gli ostacoli’, con un musical – dice una delle operatrici del centro – ma senza soldi a settembre non potremo riaprirlo, per la disperazione dei genitori. Riceviamo finanziamenti solo dal comune ma quest’anno non ci hanno dato nulla”. Nel centro lavora un’équipe di circa 15 persone fra autisti, psicologi, operatori e educatori che utilizzano la musica e l’arte per assistere gli ospiti della struttura.
Ospiti tutti accumunati da una difficile condizione. G.D., 28 anni, in seguito a un grave incidente ha perso la vista e ha subìto una emiplegia destra post-traumatica che lo ha costretto sulla sedia a rotelle. ; D.M., invece, è una ragazza di appena 15 anni con idrocefalo craniosistosi e sindorme di Pfeiffer: in pratica, oltre ad essere completamente cieca, è rachitica rispetto all’età che ha e fino a qualche tempo fa aveva anche alcune difficoltà respiratorie; F.G., 34 anni, viene al centro con il fratello: sono entrambi affetti da carenza glicoproteina ed encefalopatia infantile.
Al centro per pluriminorati sono tutti ciechi, spesso anche non udenti, e in alcuni casi down, cerebrolesi o affetti da tetraparesi spastica. Alcuni nemmeno parlano. “Le famiglie li portano al centro per fargli passare qualche ora in allegria e dare un senso alle loro giornate – dice uno degli operatori – per i ragazzi questo centro è vitale, è un punto di riferimento. Facciamo anche delle gite, come quella a Torre Artale che prevede anche una passeggiata a cavallo e il bagno in piscina. Se chiude i genitori non sanno dove portarli, sono purtroppo abbandonati dalle istituzioni”.
Nell’ultima sessione di bilancio è stato bocciato un emendamento presentato dal consigliere Luigi Di Franco che chiedeva lo stanziamento di 300.000 euro per garantire al centro altri 12 mesi di sopravvivenza. Sala delle Lapidi, pentitasi dell’incredibile decisione, ha votato poi all’unanimità un ordine del giorno che impegna l’amministrazione comunale a reperire nel Piano economico di gestione, che verrà varato in questi giorni, almeno 150.000 euro dal consuntivo del 2010 o dalla delibera Tarsu. Ma regolamento del consiglio alla mano, l’ordine del giorno ha ben poco valore e potrebbe restare una semplice intenzione.
Ma la chiusura del centro, oltre ad avere terribili conseguenze per le famiglie, avrebbe ripercussioni anche sui lavoratori, quasi tutti con contratti a progetto da 6-700 euro al mese. E la penuria di risorse limita a 30 le persone attualmente assistite, a fronte di una domanda sul territorio che è ben più alta. “Spero che il sindaco – dice il consigliere Di Franco – dia mandato agli uffici di reperire le somme necessarie. L’amministrazione ha fortemente voluto questo centro: che senso ha mettere al mondo una creatura e poi sopprimerla? Si è riusciti a trovare almeno 700.000 euro per i disabili psichici, ma non si possono usare due pesi e due misure, si tratta di malati gravi. Già la cecità è considerata dall’Organizzazione mondiale della sanità la disabilità più grave, figuriamoci con le minorazioni aggiuntive”.