Il «terzo uomo» rischia di rinunciare al suo sogno per una lettera. Un’ombra inaspettata si allarga sul candidato senza macchie che sembrava perfetto per sparigliare i giochi della segreteria del Partito democratico. A venti giorni dall’annuncio della candidatura, il senatore Ignazio Marino deve rispondere al popolo del Pd di cui vuole essere la guida e al Paese che se lo figura come l’anti Franceschini e il controBersani di una vicenda che riguarda la sua carriera di medico, e dunque proprio la sua diversità, il tratto distintivo e nuovo del chirurgo non allevato a sezioni e simboli che vuole pulire un partito fermo agli schemi fratricidi. «Cambierò anche l’arredamento della segreteria – dichiarava proprio ieri in un’intervista – basta con le due poltrone per i capi corrente, metterò un bel tavolo circolare».
Il dossier che gli ostacola la strada l’ha sfornato invece proprio ieri Il Foglio, con tanto di documentazione. Del candidato segretario perfetto si scopre un’imperfezione all’apparenza clamorosa: la chiusura del suo rapporto di lavoro con l’istituto dei trapianti Ismett di Palermo e l’università di Pittsburgh con l’accusa interna di presunte «leggerezze» nella compilazione di rimborsi spesa. L’uomo nuovo si trova ora a dover chiarire una vicenda vecchia di sette anni. Vecchia come le disinvolture che spesso si rimproverano ai pubblici amministratori. Proprio due giorni fa Marino aveva confidato, parlando della sua nuova avventura, che della politica gli piacciono gli «squarci inattesi». Ora la breccia della sorpresa si apre sul suo passato e ne illumina zone scure.
Sembra una condanna per il Pd non trovare mai l’uomo del futuro. Ma Marino, dopo un giorno di silenzio, in serata ha replicato: «Non ho niente da nascondere. Sono polemiche create ad arte. Fui io stesso ad accorgermi di alcune imprecisioni». Il chirurgo senatore dovrà spiegare però perché fu accusato di aver gonfiato le note spese se fu il primo a segnalare gli errori.L’avversario Bersani gli ha espresso magnanima «stima e rispetto».
La lettera pubblicata sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara è quella del direttore del centro medico dell’università di Pittsburgh, Jeffrey A. Romoff, datata 6 settembre 2002. Romoff accetta le dimissioni di Marino dall’Ismett di Palermo, fondato dal professore italiano in collaborazione con l’università della Pennsylvania. Le indicazioni al «dear doctor Marino» sono categoriche: restituzione immediata di tutti i «cellulari, i computer portatili, le chiavi». Poi si passa ai risultati di un’indagine interna: la «scoperta di una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’Umpc e alla filiale italiana», da parte del professore. E di «dozzine di originali duplicati di ricevute con note scritte da lei a mano».Scrive l’implacabile Romoff che risultano «circa 8mila dollari in richieste doppie di rimborsi spese». Di Marino, si aggiunge, l’istituto fornirà «referenze fredde» a eventuali datori di lavoro. Normale formalità negli Stati Uniti, spiega il «doctor» candidato, che aggiunge di aver lasciato Palermo per «interferenze e continue richieste di favoritismi», non per altri motivi. Da Franceschini per ora nessuna parola sul caso Pittsburgh-Pd.
di Emanuela Fontana
da il Giornale.it di sabato 25 luglio 2009