PALERMO – Avrebbe ricevuto uno stipendio più alto del dovuto e incassato rimborsi per spese di trasferte che non gli spettavano. Sono le accuse che la Procura regionale della Corte dei Conti contesta a Dario Colombo, ex direttore generale di “Sicilia digitale”, andato in pensione nel 2020 e a coloro che non avrebbero fermato le liquidazioni.
Fra questi anche Antonio Ingroia, ex magistrato e oggi avvocato, che della società, quando ancora si chiamava “Sicilia e-Servizi”, era amministratore unico.
Una normativa nazionale e una regionale, così sostiene l’accusa, fissa in 240 mila euro annui il compenso massimo. Colombo nei suoi anni di servizio avrebbe sforato il tetto di oltre 700 mila euro.
Ingroia non si sarebbe adoperato per ridurre il compenso. Quando Colombo fece ricorso al Tribunale del lavoro di Catania, invece di resistere ad un’azione definita “pretestuosa” avrebbe dato il via libera ad una conciliazione bollata come “svantaggiosa” per l’ente.
Ingroia si è difeso citando un parere del Cga e alcune note dell’assessorato regionale al Bilancio che gli darebbero ragione. Sta di fatto che dopo un’iniziale sospensione dello stipendio per le cifre contestate si decise di arrivare a una conciliazione.
La stessa contestazione viene mossa anche a Dario Corona e Massimo Dell’Utri, amministratori pro tempore in carica per alcuni mesi del 2018 e 2019. Avrebbero dovuto attivarsi ed invece si sarebbero appiattiti sulle decisioni prese da Ingroia.
C’è poi il capitolo delle spese. Colombo viveva in provincia di Catania, ma la sede di lavoro era a Palermo. Dal 2016 al 2020 il direttore generale ha messo le spese per la trasferta – 49 mila euro – a carico della società partecipata dalla Regione siciliana.
Si tratta di spese per carburante, manutenzione della macchina, biglietti di bus e treno, pedaggi autostradali, hotel, bar e ristoranti. Per pagare usava carte di credito o prepagate intestate all’azienda.
Secondo la Procura regionale della Corte dei Conti nel momento in cui, nel 2014, la società diventa ente in house della Regione, la regola era chiara: lo spostamento dal domicilio al posto di lavoro e viceversa non sono considerati trasferte né missioni.
E non può trovarsi giustificazione nella disposizione di servizio con cui nel 2009 l’allora amministratore delegato autorizzava Colombo a svolgere la propria attività a Catania perché a Catania “Sicilia digitale” non ha mai avuto alcuna sede.
Nei prossimi mesi inizierà il processo e le persone citate in giudizio potranno fare valere le proprie ragioni. Il punto è che le contestazioni fanno a pugni con la situazione economica della società che negli ultimi mesi ha ricevuto 15 milioni di euro. Poco pià di tre milioni “titolo di anticipazione” per pagare gli stipendi arretrati e 12 milioni per fare fronte ai contenziosi con gli ex soci privati Engineering S.P.A. e Accenture Italia, che avevano portato al pignoramento dei conti.
Sicilia Digitale è strategica per la Regione, visto che gestisce molte delle attività informatiche di competenza dell’amministrazione. Entro fine febbraio servirà un piano industriale serio di risanamento e rilancio, anni luce lontano da quanto finora visto. I dipendenti sono in sciopero e le casse vuote.