CATANIA – Alla fine il piano per la sanità è arrivato. L’approvazione, ieri in Sesta commissione Salute dell’Ars, del piano operativo regionale in cui si stabilisce come spendere i 797 milioni di euro che il Piano nazionale di ripresa e resilienza assegna alla sanità, ha di fatto dato il via libera alla realizzazione di centinaia di interventi, tra Ospedali di comunità, case di comunità e centrali operative territoriali.
L’intenzione è aumentare le strutture presenti sul territorio. Come scritto nello stesso atto di indirizzo approvato in Sesta commissione, infatti, le strutture previste dal piano di spesa dei fondi Pnrr sono da considerarsi in aggiunta alla programmazione ospedaliera e territoriale normale, e quindi è confermata la rete ospedaliera approvata nei primi mesi del 2019.
Ma se le strutture aumentano, in che modo cambieranno i sevizi? Quanto gli interventi del Pnrr influiranno sulla sanità siciliana, sia territoriale che ospedaliera? Risponde a queste domande Giuseppe Spampinato, segretario generale del Cimo, sindacato dei medici.
Le strutture e il personale
“Bisogna partire da ragionamenti semplici – dice Spampinato – è chiaro che tutto è utile, ma solo se funziona. Proprio ieri per questioni di lavoro ero a Ragusa, dove convertiranno l’ospedale Paternò Arezzo in Ospedale di comunità, e la domanda è: chi ci mettiamo? Il personale già ora è in affanno, non ci sono infermieri e medici, a chi ci rivolgiamo per fare le guardie?”
Il nuovo piano, dunque, riguarda solo le strutture: “È una bellissima iniziativa – dice Spampinato – ma chi ci mettiamo in questi nuovi ospedali? Se poi l’obiettivo è solo fare crescere il Pil, con una serie di interventi edili e con la spesa in tecnologia, l’idea è ottima. Ma se l’obiettivo è migliorare la sanità non si capisce bene che utilità possano avere questi interventi: i fondi per il personale che lavora dove sono?“.
I precari Covid
La questione della mancanza di personale sanitario è posta da tempo dai sindacati. Di recente proprio la Cimo aveva lanciato l’allarme sulla fuga dei medici dalla sanità pubblica. È possibile che i posti nei nuovi ospedali saranno coperti dai novemila precari dell’era Covid, di cui è stata annunciata la stabilizzazione dal governo regionale? “Non è possibile coprire tutti quei posti stabilizzando i precari Covid – dice Spampinato – in primo luogo perché non tutti saranno stabilizzati, dato che non hanno i requisiti. In secondo luogo perché copriranno le vecchie deficienze nelle piante organiche, quelle che sono stati chiamati a coprire, e non quelle nuove, che questo piano per la sanità sta per creare. Dove prima mancavano seimila infermieri, dopo la costruzione delle nuove strutture ne mancheranno novemila“.
La sanità di domani
Il problema è anche nel modo in cui è stato concepito il Pnrr, concentrato molto su strutture e tecnologia: “Avevamo chiesto degli incontri proprio per questo – dice Spampinato – ma non siamo stati ascoltati”. Che tipo di sanità ci si può aspettare, dunque? “Ci sono le premesse – dice Spampinato – per creare un sistema in cui tutto il lavoro dei medici sarà interinale, affidato a cooperative, come facciamo con la raccolta di pomodori. Quale professionalità, quale impegno clinico ci si può aspettare da una persona che va a passare 8 ore in una struttura e se va bene ci tornerà poi dopo venti giorni, con pazienti diversi?”