CATANIA. Sextorsion, cyberbullismo, revenge porn, web scraping. Sono termini tutt’altro che innocui e fighi. L’ultima frontiera dell’adescamento in rete, con vittime soprattutto i minori, si evolve di giorno in giorno. Un terreno osceno dove con spietato cinismo i carnefici di internet non guardano in faccia nessuno: né il sesso, né l’età.
Uno degli allarmi più recenti è quello legato alle piattaforme cosiddette “gaming” dove attraverso le chat dei videogiochi i più piccoli vengono intercettati e catturati psicologicamente da pedofili e non solo.
In un contesto in cui genitori e scuola finiscono con l’avere un ruolo a dir poco determinante.
La Polizia Postale di Catania resta uno dei comparti più all’avanguardia nel contrasto a questo tipo di reati. Un lavoro quotidiano e senza sosta quello dei dirigenti e degli agenti che hanno sede al palazzone dell’ex Esa. A capo di tutto c’è il dottor Marcello La Bella che di questa professione ne ha fatto – per fortuna di tanti cittadini – un’autentica missione, a capo del Centro Sicurezza Informatica della Sicilia orientale.
“Il nostro comparto – spiega La Bella -, per via di una crescita dei reati che vengono commessi tramite internet – e non mi riferisco solo ai classici metodi informatici, ma anche alla moltiplicazione delle truffe ed estorsioni che avvengono in rete -, come Polizia di Stato abbiamo avuto una riorganizzazione che mira a dare una maggiore efficienza ed efficacia alla prevenzione e alla nostra azione.
Oggi, i vecchi compartimenti di Polizia postale sono diventati centri per la Sicurezza cibernetica e Catania è uno dei compartimenti che ha visto un’elevazione di rango e nel numero di personale. Così come a Messina, Siracusa e Ragusa”.
Questo cosa significa?
Vuol dire che è, certamente, un settore che è all’attenzione di tutti. E, sottolineo: non solo dell’Italia ma anche del mondo. Non sfugge a nessuno che sui media si parli sempre più di attacchi informatici. Di guerra informatica. Di attacchi ai siti istituzionali.
C’è un contento internazionale che ci impone di muoverci con ancora più decisione.
I minori e la pedopornografia. C’è il rischio che vi ritroviate da soli in questa battaglia?
Il rischio c’è nella misura in cui attori importanti e necessari, in primis la famiglia, non adempiono pienamente al proprio ruolo.
Quanto alto è questo rischio, per l’esperienza che avete maturato?
Guardi, le dico che nel corso della pandemia c’è stato un aumento dei reati inerenti allo sfruttamento sessuale on line dei minori di oltre il 70%.
Mi lasci dire che sono numeri importanti. E negli anni successivi, nel 2021 e nel 2022, il trend di crescita è proseguito. Perchè, chiaramente, i minori – e per minori intendo fasce di età sempre più piccole, 7 o 8 anni – si sono affacciate sempre più, e si affacciano sempre più, sull’on line.
Tutto questo ha comportato che sono cresciute le possibilità di adescamento. Di fruizione di materiale pornografico da parte degli stessi minori.
Se i genitori, che sono la prima barriera a questi pericoli, non svolgono appieno il compito di controllo, di monitoraggio e di educazione è chiaro che noi, come Polizia ci sentiamo sguarniti e rischiamo di non avere più le armi per combattere questa battaglia.
Basta questo per vincere questa battaglia?
Questa è una battaglia che si vince sul piano della prevenzione. Quando qualcuno viene qua o riceviamo le denunce, già purtroppo il fatto – molte volte – si è consumato. E, quindi, arriviamo dopo.
La prevenzione è determinante.
Come si riesce ad intuire cosa sta accadendo? Come si fa a comprendere che c’è qualcosa che non va?
Noi facciamo tantissimi incontri nelle scuole. E incontriamo tantissimi giovani: bambini e adolescenti. Lo facciamo ogni giorno. Proprio mentre stiamo realizzando questa intervista, c’è un operatore della Polizia postale che è in una scuola.
Cerchiamo di dialogare e fare riflettere, portando esempi che loro stessi possano comprendere, parlando la loro stessa lingua.
Cosa dovrebbero fare, allora, i genitori?
Anzitutto comprendere che lasciare da solo un bambino di sette anni con uno smartphone significa esporlo ad un grosso pericolo: un pò come abbandonare un bambino in un quartiere malfamato di una metropoli. La fruizione della rete è utilissima ma bisogna educare i propri figli, bisogna comprenderli e controllarli: perchè non è che il controllo sia un’invasione della loro privacy. Il controllo è uno strumento di tutela.
Ci sono vostri interventi che sono partiti proprio dalla denuncia di genitori.
Alcune delle Operazioni di polizia che noi abbiamo compiuto sono partite da “mamme coraggio”. Le abbiamo chiamate così: mamme che non hanno avuto il timore di prendere in mano il telefonino della figlia o del figlio e portarcelo, perchè c’erano elementi che ci hanno consentito di individuare chi si nascondeva chi stava commettendo reati nei confronti dei figli.
Come si viene adescati?
L’adescamento funziona in maniera diversificata. I social sono la piattaforma preferita per via delle foto e delle questioni quotidiane che consentono di comprendere quale sia la vita che viene condotta: quindi, fingersi amico – tra l’altro nella corsa ad avere più followers -. Si accetta l’amicizia e una volta che l’adescatore ha compreso quali siano gli interessi – il gioco, l’attore e la canzone preferita – ecco che si arriva a parlare di temi più spinti. Fatto fronte al fatto che dall’altra parte c’è qualcuno con un profilo falso che ne sta approfittando.
Altra piattaforma preferita per gli adescamenti, è quella del gioco. Abbiamo avuto casi nei quali si è partito da qui e si è arrivati a parlare di cose di natura sessuale.
Cambio prospettiva. C’è, poi, il fenomeno dello stalking sfociato in femminicidi, che troppe volte ci siamo ritrovati a raccontare, per il quale parte tutto dalla rete.
Ed è così. Fermo restando che gli atti persecutori sono da codice rosso per i quali anche la Procura si mobilita immediatamente, noi riceviamo tantissime denunce e querele di cyber-stalking e molestie. E, da parte nostra, ci attiviamo subito.
Già dai social può arrivare un pericolo. Quando una persona viene aggredita on line, capita che poi si passi alla violenza reale.
Eppure, dal punto di vista normativo, quello dei social appare come una incredibilmente franca.
La legislazione ci consente, anzitutto, di individuare i profili falsi quando compiono questo tipo di reato. I social, quando non sono italiani, svolgono un’attività di cooperazione con le richieste dell’autorità giudiziaria anche abbastanza tempestiva. Quindi, ci sono le possibilità di intervenire. Il mio invito è, a quelle persone che subiscono questo tipo di reato, a non perdere tempo a denunciare.
Abbiamo gli strumenti, assieme alla Procura, per intervenire.
Il dottor La Bella che farà da grande? Proseguirà in questa che ormai è divenuta una vera e propria missione?
Spero una bella vita. Una vita serena. Niente di più.