Palermo, il boss-figlio del pentito e gli imprenditori: il verdetto

Palermo, il boss-figlio del pentito e gli imprenditori: il verdetto

Da Resuttana a Porta Nuova: cosa ha stabilito la Cassazione

PALERMO – Per alcuni imputati si dovrà celebrare un nuovo processo. La Cassazione ieri sera ha annullato con rinvio una parte del verdetto della Corte di appello di Palermo. Il dibattimento riguardava gli investimenti dei soldi dei boss di Porta Nuova e Resuttana che sarebbero stati ripuliti in varie attività commerciali della città, come bar, centri scommesse e compro oro.

Annullata con rinvio la sentenza nei confronti dell’imprenditore Giuseppe Pecoraro (difeso dagli avvocati Valerio Vianello e Alessandro Martorana). Aveva avuto 4 mesi per favoreggiamento. Secondo i supremi giudici, bisogna rivalutare l’intero impianto accusatorio.

Annullata, sempre con rinvio, la sentenza nei confronti di Antonino Salerno (1 anno e 4 mesi in appello), Maurizio Caponetto (1 anno e 10 mesi), e Salvatore Giglio (un anno e mezzo), difeso dall’avvocato Giulio Bonanno, limitatamente all’aggravante mafiosa del contestato favoreggiamento. Sono difesi dagli avvocati Vincenzo Giambruno, Domenico La Blasca e Amalia Imbrociano. Nuovo processo anche per Emanuela Milazzo (aveva avuto un anno e 4 mesi) limitatamente alla concessione delle attenuanti generiche.

Rigettato il ricorso di Raffaele Favaloro: diventa definitiva la condanna a 8 anni, 2 mesi e 20 giorni di carcere. Inammissibili quelli di Croce Siragusa (2 anni 10 mesi e 10 giorni), Michele Siragusa (3 anni), Giuseppe Giurintano (4 mesi), Calogero Naso (4 mesi), Salvatore Salomone (8 mesi), Gioacchino Salamone (6 mesi). Le pene diventano tutte definitive.

I loro nomi saltarono furono nel 2018 con l’operazione della guardia di finanza denominata “Delirio” che svelò, fra gli altri, il ruolo di Raffaele Favaloro. Gli avevano perdonato una delle colpe più gravi. Quella di essere figlio di un pentito. Mise la sua vita nelle mani dei boss. Era pronto a morire pur di cancellare la macchia indelebile lasciata dal padre Marco. Favaloro si era guadagnato il rispetto sul campo. E così quando nel 2013 qualcuno pensò che fosse giunta l’ora di eliminarlo, fu il capomafia Vito Galatolo, poi divenuto collaboratore di giustizia, a stoppare il piano di morte. Raffaele Favaloro divenne l’ufficiale di collegamento con i boss delle altre famiglie mafiose di Palermo. Per ultimi quelli di Porta Nuova, dai fratelli Giuseppe e Domenico Tantillo a Giuseppe Corona.


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