L'urlo improvviso del Massimino e la scelta di non farsi illusioni

L’urlo improvviso del Massimino e la scelta di non farsi illusioni

Il Catania e la vittoria nell'andata contro l'Avellino

CATANIA – Un acuto disumano e improvviso. Cianci fa esplodere il suo sinistro dal limite dell’area e mister Zeoli per un istante finisce di agitarsi. Nell’area tecnica che delimita la panchina si dimena per tutta la partita come un indemoniato che ha appena ricevuto la benedizione da Papa Francesco.

Richiama i suoi in campo, farfuglia qualcosa ai collaboratori che provano ad assecondarlo, ogni tanto lancia ora un’occhiataccia ora uno sguardo di accondiscendenza al quarto uomo.

L’Avellino è stata la bestia nera (più di altre) della stagione avendo rifilato in campionato tra andata e ritorno un sonoro 7-2. E, invece, la serata del Massimino stavolta è stata diversa: sul terreno di gioco è risuonata un’altra musica. 

È così signori. Il rosso e l’azzurro diventano ancora il crisma alternato di una città e di un territorio che ci credono ancora. E non è solo una palla che rotola. Quando l’arbitro fa calare il sipario col suo fischietto, e con un Catania fermato mentre è lanciato in contropiede, la città si riabbraccia da Cibali ad ogni singolo quartiere.

Una notte che segna la speranza ma che non genera il mostro dell’illusione. Già, perchè si sa già che il ritorno al Partenio sarà terribile. Infuocato e maledettamente infinito. 

Ma la notte del Catania ha restituito tante cose. L’eco dei cori si spegne in lontananza. La notte ha regalato un film che deve conoscere ancora la fine. E bisogna proprio andare a dormire per sognarlo ancora un po’.


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