PALERMO – Nella sua pagina Facebook ha scritto: “Per cessazione attività vendo arredamento, gioielleria in ottime condizioni a un prezzo affare…. affrettatevi a contattarmi… Un caro saluto a tutti voi cari Amici di FB, che mi siete vicini con il vostro affetto in un momento come questo!!!”. Ad affidare ai social network questo messaggio non è uno qualunque. È Emilio Longo, gioielliere storico di Palermo. Un’istituzione nel settore orafo che, dopo quasi ottant’anni di attività, ha deciso di dire “basta”, di issare bandiera bianca. Un altro segnale di resa da parte di chi ha finora dato lustro al salotto buono della città. Quella via Ruggero Settimo schiacciata ormai da una crisi che non guarda in faccia nessuno. Neanche la storia.
Fondata nel 1934 da Salvatore Longo, la gioielleria nacque come laboratorio di orologeria e, nel corso dei decenni, è stata trasformata in un negozio “del lusso”. Giunto alla quarta generazione (a Salvatore Longo seguì Enzo, quindi il figlio Emilio che, dal 1977, dirige il negozio, e al suo fianco, dal 2000, c’è il figlio Marco), il negozio è stato un punto di riferimento per i palermitani, che in quella vetrina hanno sempre potuto scorgere le novità affiancate dagli storici marchi di orologi, argenti e gioielli.
Tutti oggetti che, per una settimana, fino al prossimo sabato, potranno essere acquistati con sconti fino al 50%: “Non possiamo fare altro. Ormai non riusciamo più a coprire neanche i costi”, dice Emilio Longo, che in quella gioielleria è cresciuto. E che adesso dovrà reinventarsi: “Non so che cosa farò, magari il consulente… certo sarà strano se considera che sono qui da quando avevo 16 anni”. Quindi si gira verso il bancone e mostra, con orgoglio, la targa di negozio storico: “Vede, quella ce la rilasciò l’ex presidente della Camera di Commercio di Palermo, Vincenzo Chiriaco”. Ma tant’è.
“Sono tutte cose che ci intristiscono e che lasciano un amaro in bocca notevole – commenta proprio Chiriaco –. Ci sono strade che si stanno svuotando e dove i marchi storici vengono sostituiti da marchi nazionali o internazionali che ancora si possono permettere di riempire questi spazi. Ma si tratta di società che nulla hanno che vedere con il territorio. La vera domanda tragica è: chi può fare qualcosa per fermare questa emorragia?”. Urge una risposta, prima che il tornado della recessione spazzi via tutto. Perché la crisi, si sa, non guarda in faccia nessuno. Neanche la storia.