PALERMO – L’Ars non erogherà più un euro per 28 dipendenti dei gruppi parlamentari dell’Ars. Tra questi, anche l’ex parlamentare nazionale Pippo Fallica, l’allora collaboratore del ministro Alfano, Baldo Di Giovanni, insieme ai “colleghi” di Grande Sud, Cantiere popolare, Pdl ed Mpa.
Il Consiglio di presidenza dell’Assemblea, infatti, ha risposto così alle criticità sollevate dalla Sezione di controllo della Corte dei conti riguardo alle assunzioni dei cosiddetti stabilizzati in questi quattro gruppi. Persone che avrebbero lavorato, nel corso di tutta questa legislatura, senza un contratto. E così, adesso, l’Ars sarà costretta persino a restituire le somme trasferite ai capigruppo per pagare questi stipendi. Lo chiede, appunto, la Corte dei Conti. Ma almeno a questo, l’Ars ha deciso di opporsi.
Ma di sicuro c’è che da oggi Palazzo dei Normanni non trasferirà un euro per quei 28 lavoratori. Si tratta di quelli che non sono stati “sanati” dalla norma prevista dalla legge sulla cosiddetta “spending review” che di fatto salvava il posto di lavoro per quei collaboratori dei gruppi che avessero un contratto al 31 dicembre scorso. Un contratto in certi casi corrispondente alle categorie professionali dei collaboratori domestici. Ma comunque fondamentale per garantire il diritto alla prosecuzione del lavoro all’Ars.
Per gli altri 28, invece, niente. Loro non hanno un contratto. Nel passaggio dalla vecchia alla nuova legislatura, infatti, i capigruppo avrebbero continuato a pagare quegli stipendi fianziati dall’Ars a collaboratori che – stando a quanto sollevato dalla Corte dei Conti – erano poco più che “abusivi”. Ed ecco il paradosso nel paradosso. In qualche caso, infatti, si tratta di dipendenti con un’esperienza all’Ars persino ventennale. Che rimarranno fuori dai finanziamenti a differenza di chi, invece, ha sottoscritto il contratto appena pochi mesi fa. E che oggi vanta – legittimamente – quel diritto.
“Dopo le decisioni della Sezione di controllo della Corte dei Conti – spiega il deputato questore Paolo Ruggirello – non avevamo altra scelta”. Quantomeno, però, i capigruppo vorrebbero evitare la restituzione indietro delle somme. E per questo avrebbero chiesto all’Assemblea di opporsi almeno a questa richiesta della Corte. A curare la vertenza sarà il costituzionalista Giuseppe Verde.
Ma prima si cercherà anche una via “istituzionale”. Giovedì prossimo il presidente dell’Ars Ardizzone e il segretario generale Di Bella dovrebbero incontrare il presidente della Sezione di controllo Maurizio Graffeo. Anche per capire se le somme da restituire sono quelle corrispondenti solo all’ultima legislatura o tutte quelle delle mensilità erogate senza un contratto alla base. E in quel caso, le cifre lieviterebbero notevolmente.
Adesso, ovviamente, i lavoratori sono sul piede di guerra. Attendono infatti la notifica della notizia. Poi, quasi certamente partiranno i contenziosi. Anche perché molti di loro hanno la possibilità di dimostrare di avere effettivamente lavorato. “Tra l’altro – spiega uno degli stabilizzati, il dipendente dell’Mpa Pietro Galluccio – il tribunale del lavoro, appena il 5 dicembre scorso, ha riaffermato l’automatica continuità tra il vecchio e il nuovo contratto”. Intanto, una cosa è certa: l’Ars ha deciso di chiudere i rubinetti. Almeno per 28 persone.