A Palermo c’era un disabile ed era un grande uomo. Oggi che Salvatore Crispi non c’è più, tanti lo piangono. Ed è giusto che sia così, perché Salvatore aveva la bellezza dello spirito libero, nella bellezza del corpo non disponibile. La prima è l’acume che dà luce e taglia in due l’ipocrisia dei tempi. La seconda è la tenerezza che richiama profondissimi affetti.
Adesso che abbiamo commemorato la grandezza di un uomo che è morto, pensiamo ai percorsi di coloro che sono vivi. Pensiamo ai disabili che ogni giorno attraversano Palermo. Alle macchine che rendono invalicabili i passaggi. Ai parcheggi saccheggiati. Al fastidio dei normodotati – parola che descrive la grettezza di alcuni – che proprio non capiscono perché questi uomini in carrozzina chiedano addirittura spazi e attenzione.
Sarebbe una beffa per colui che non c’è più non occuparsi dei suoi fratelli disseminati ovunque. La disabilità è soprattutto una relazione infruttuosa tra chi vive in prigione e subisce pure le sbarre dell’indifferenza. Può essere ridotta e alleviata, se non sconfitta. A Palermo c’era un disabile che ha lottato tutta la vita per farsi guardare. Cerchiamo di non dimenticarlo domani.