PALERMO – La gravità dei fatti – contestata dalla Procura di Messina all’ex parlamentare del pd Francantonio Genovese, ai domiciliari da pochi giorni – è, ad avviso della Cassazione, “espressione di evidente professionalità e di una salda e stabile rete di collegamenti utili alla prosecuzione delle attività criminose” e “denota un concreto e ancora attuale pericolo di reiterazione e, dunque, la assoluta sussistenza di esigenze che giustificano la custodia in carcere”. Lo scrivono i supremi giudici in due sentenze su Genovese depositate oggi.
Con queste motivazioni, la Sesta sezione penale della Suprema Corte – con le sentenze 34015 e 34017 – ha dichiarato “inammissibile” il ricorso presentato dalla difesa di Genovese contro la conferma della custodia in carcere decisa dal Tribunale della libertà di Messina con ordinanze del 23 febbraio e del 16 aprile scorsi. Ad avviso degli ‘ermellini’, è “manifestamente infondato” il reclamo presentato dai legali dell’ex parlamentare accusato di peculato, truffa aggravata dal conseguimento di erogazioni pubbliche, nell’ambito dell’inchiesta messinese su milioni di fondi per la formazione.
Genovese è anche accusato di riciclaggio e reati finanziari per aver riportato illecitamente capitali in Italia. Nei verdetti, la Cassazione ricorda – sulla scia di quanto contestato dai giudici di merito – che Genovese ha “la disponibilità di copiose provviste, non compatibili con la sua apparente posizione reddituale, movimentate su conti esteri tramite società aventi sede nei cosiddetti paradisi fiscali, la cui origine e le dinamiche di accumulo nono sono state ancora accertate”. Inoltre, l’ex parlamentare ha effettuato “prelevamenti per milioni di euro sui predetti conti registrati nel corso degli anni, oltre undici milioni di euro tra il 2004 e il 2012” somme che “Genovese ha introdotto in Italia al di fuori di ogni controllo”.
Si ricorda anche la “pendenza di un procedimento per riciclaggio collegato all’evasione fiscale, nel quale vi è richiesta di rogatoria”. In base alle rogatorie internazionali acquisite dalla Procura di Messina, prosegue la Cassazione ricordando la documentazione acquisita dai pm, “a partire dal 2013 fondi di consistente importo sono transitati dalla Svizzera su un conto esistente presso un intermediario monegasco e intestato alla società panamense ‘Palmarich Investiments’, riconducibili a Genovese e alla moglie Chiara Schirò allo scopo di ostacolarne l’identificazione e giustificati dai coniugi come fondi di provenienza di una eredità ricevuta a seguito della morte del padre Luigi Genovese”.
“Dalla stessa documentazione prodotta dal pubblico ministero risulta che, come accertato dalla Guardia di Finanza, Francantonio Genovese avrebbe sottoscritto nel giugno 2005 un apparente contratto assicurativo con la società ‘Credit Suisse Life Bermuda’, versando un premio di 16milioni 377.341 euro, presumibilmente finalizzato ad occultare all’estero ingenti capitali incompatibili con il volume di affari e il reddito dichiarato da Genovese sino all’anno 2005″. A fronte di questo quadro, per la Cassazione “il diniego di modifica della custodia carceraria è fondato su specifici, concreti e argomentati riferimenti alla gravità delle condotte e alla disponibilità di mezzi che danno concretezza alla prognosi di reiterazione” dei reati.
Lo scorso 31 luglio, il Tribunale feriale di Messina ha concesso i domiciliari a Genovese ritenendo adeguata l’attenuazione delle misure cautelari. In precedenza, il 17 maggio del 2014, il gip, dopo l’interrogatorio di garanzia, aveva mandato Genovese agli arresti domiciliari. In seguito, su reclamo del pm, la custodia in carcere era stata ripristinata dal tribunale della libertà e confermata dalla Suprema Corte.(ANSA)
La nota del legale di Genovese, Nino Favazzo
“Non ho ancora avuto modo di leggere le motivazioni delle sentenze con cui la Corte di Cassazione, nel mese di giugno, ha dichiarato inammissibili i due ricorsi depositati nell’interesse del parlamentare Francantonio Genovese. Tuttavia, da quello che riferisce la fonte Ansa, rilevo che la Corte Suprema si è limitata a condividere la impostazione dei Giudici messinesi, peraltro, senza neanche emendarla da quelle gravi inesattezze, in punto di fatto, che la difesa e la stessa Procura messinese, congiuntamente, non avevano mancato di evidenziare, facendo definitivamente chiarezza a riguardo. Per il resto, le motivazioni oggi depositate, non incidono minimamente sull’assetto cautelare nuovo ed aggiornato a seguito della pronuncia di qualche giorno addietro dei Giudici del Tribunale di Messina. È sufficiente ricordare, infatti, che, nel nostro sistema processuale, la privazione della libertà personale risponde a criteri di rigorosa gradualità e di adeguatezza, i quali mal si conciliano con una visione statica di una misura che deve, invece, presentare tratti di necessaria dinamicità”.