PALERMO – Magistrati che ricevono in regalo Rolex in cambio di raccomandazioni, allarmi per fantomatici attentati, avvocati “amici” di Matteo Messina Denaro. Bugie, nient’altro che bugie sarebbero quelle rifilate da Giuseppe Tuzzolino ai pubblici ministeri.
“Un bugiardo patologico”, non a caso lo definisce il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta. Un pentito che avrebbe formulato “gravissime accuse nei confronti di ignari soggetti che per loro sfortuna si sono trovati occasionalmente ad interagire con lo stesso”.
Un giudizio pesante scaturito dalle indagini dei pm di Caltanissetta, competenti quando si sono di mezzo colleghi palermitani, che hanno chiesto e ottenuto l’arresto per calunnia dell’architetto agrigentino. Tuzzolino è stato trasferito dalla località segreta in cui viveva al carcere dove, però, resta sotto protezione. Una protezione che gli era stata concessa su richiesta della Procura di Palermo, ma che la stessa Procura aveva rimesso alla valutazione della Commissione centrale per i collaboratori di giustizia. Sull’attendibilità di Tuzzolino c’è stato uno scontro durissimo all’interno della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
I magistrati che indagavano sui clan di Agrigento hanno smesso di credere da tempo alle sue dichiarazioni chiedendo l’archiviazione di 34 indagini. Una per ogni persona tirata in ballo da Tuzzolino. A ritenere che bisognava seguire le piste da lui indicate è stato, invece, l’ex procuratore aggiunto Maria Teresa Principato, oggi alla Direzione nazionale antimafia. In particolare quelle sulle coperture massoniche di Matteo Messina Denaro. La pubblicazione sulla stampa di alcune dichiarazioni di Tuzzolino, secondo Principato aveva addirittura danneggiato le ricerche del latitante avviate all’estero grazie alle improbabili indicazioni di Tuzzolino.
Sentito dai pm di Caltanissetta sull’attendibilità del pentito, nel settembre scorso il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi disse: “Non abbiamo riscontrato il collegamento fra luoghi e persone e Messina Denaro. Potrebbe anche essere vero ciò che Tuzzolino riferisce in proposito, ma non lo abbiamo riscontrato nei termini precisi e puntuali che doverosamente necessitano in casi come questo”. Una stroncatura dopo mesi di tira e molla. Il gip Antonina Leone che lo ha mandato in carcere scrive ora che “non può non rilevarsi come la vera vittima delle disinvolte e calunniose propalazioni del Tuzzolino sia la giustizia. Basti solo pensare all’enorme dispendio di energie umane, di risorse di polizia giudiziaria, di risorse economiche per l’espletamento delle articolate attività tecniche, che hanno impegnato quest’ufficio per diversi mesi al fine di compiere le doverose attività di riscontro alle dichiarazioni, poi rivelatesi del tutto false, del sedicente collaboratore di giustizia”. Soldi a cui vanno aggiunti quelli spesi per inviare gli agenti all’estero – Spagna, Stati Uniti, Svizzera, Romania – alla ricerca di casseforti, hard disk, fotografie e conti in banca
I suoi verbali sono sempre stati zeppi di spunti investigativi. Una girandola di nomi e circostanze impossibili da verificare. Ad ogni interrogatorio aggiungeva nuovi particolari. Un reticolo di situazioni per nulla chiare che partivano dalla Sicilia per approdare dall’altra parte dell’oceano. Per alcuni episodi, però, i pm nisseni hanno riscontrato i voli pindarici della sua fantasia. Ad esempio quando disse che, nel corso di una cena datata 2007-2008, in un ristorante di Canicattì vide e ascoltò l’allora procuratore capo di Agrigento, Ignazio De Francisci (ex aggiunto a Palermo e oggi procuratore generale a Bologna) ricevere una raccomandazione. Il magistrato avrebbe aiutato grazie all’interessamento dell’architetto Calogero Baldo (ex genero di Tuzzolino ed ex assessore al Comune di Agrigento ( una neolaureata per superare l’esame di abilitazione e diventare avvocato in cambio di un Rolex da 4 mila euro. Neppure sul modello dell’orologio le dichiarazioni erano state univoche.
Poi, aggiunse che un avvocato di Macerata, Ennio Sciamanna, su ordine di Matteo Messina Denaro, stava organizzando attentati per uccidere una sfilza di magistrati e parenti di magistrati (Francesco Lo Voi, Maria Teresa Principato, Marcello Viola, Marco Verzera) con l’aiuto di alcuni componenti della banda della Magliana e del clan romano dei Casamonica. “Le circostanze riferite dal Tuzzolino non corrispondono a verità – scrive il giudice – trovando ampia smentita negli esiti delle intercettazioni, dei tabulati, dei servizi di osservazione, della videosorveglianza, delle sommarie informazioni testimoniali, degli interrogatori, delle perquisizioni e di altri accertamenti tecnici”.
Tuzzolino non avrebbe perso occasione per farsi beffa degli investigatori e delle forze dell’ordine che avevano il compito di proteggerlo. Una volta annunciò di essere pronto a consegnare settecentocinquanta mila euro custoditi in una cassetta di sicurezza in Liechtenstein. Quando era tutto pronto per partire telefonò al maresciallo addetto alla sicurezza. Non poteva più aiutarli perché era ricoverato in ospedale a Merano per sottoporsi a un intervento chirurgico. Il suo telefonino, però, fu localizzato a Bolzano e non a Merano. Non era sul lettino dell’ospedale.
Fin qui i fatti messi a verbale che fanno parte dell’indagine sfociata nell’arresto. Ce ne sono altri, però, raccontati altrove e in tempi più recenti. Tuzzolino si è definito il “precursore del ventitreesimo secolo”, ha parlato di attentati ai danni di Rosi Bindi e Claudio Fava e stava per accusare Gianluca Vacchi.