PALERMO – Al boss confinato per un periodo a Mestre i soldi, “migliaia di euro”, non dovevano mancare. Vito Galatolo, lontano da Palermo per i guai giudiziari, ha continuato a fare la bella vita. Né più, né meno di quando era il signore dell’Acquasanta.
Ora che si è pentito accusa i picciotti che si facevano in quattro per assecondare le sue esigenze. A cominciare da Raffaele Favaloro, che poi avrebbe scalato le posizione nella gerarchia mafiosa del mandamento di Resuttana.
Adoperavano due metodi. Un più moderno – attraverso le ricariche Postepay – e l’altro più tradizionale: qualcuno metteva i soldi in valigia e andava fino a Mestre a casa del boss.
“In merito alle carte Postepay sulle quali venivano caricate somme che io poi prelevavo si trattava di operazioni poste in essere su mia richiesta da Favaloro. Tali somme mi venivano elargite in quanto frutto delle attività illecite commesse nel mandamento di Resuttana – ha raccontato Galatolo in un recentissimo verbale al pubblico ministero Amelia Luise -. Vincenzo Graziano le consegnava solitamente a Filippo Matassa (suocero del collaboratore di giustizia, ndr) che a sua volta si avvaleva dei ragazzi che si mettevano a disposizione per salirmeli in contanti a Mestre”. I ragazzi sono “Maurizio Caponnetto, Sergio Pecoraro e Salvatore Giglio”, tutti coinvolti nel recente blitz dei finanzieri del Nucleo speciale di Polizia valutaria.