TAORMINA. Sarebbe indeterminato il numero di truffe commesse ai danni di svariate compagnie assicurative dai presunti componenti dell’associazione a delinquere sgominata dai finanzieri della Compagnia di Taormina. Undici le ordinanze di custodia cautelare, due in carcere e nove ai domiciliari, emesse dal Gip di Messina Maria Arena. A finire dietro le sbarre Sebastiano Messina, 53enne di Giardini Naxos, e Lucio Parisi, 55enne di Giarre, ritenuti dalla Procura peloritana a capo dell’organizzazione.
Impressionante il presunto giro d’affari che ruotava attorno alle truffe. Le Fiamme Gialle hanno eseguito finora sequestri pari ad oltre 3 milioni di euro, compresi undici immobili acquistati dagli indagati anche in Calabria. Dalle verifiche patrimoniali è emerso che i due principali indagati, pur essendo semplici dipendenti di un’azienda agricola di Mascali, disponevano di un ingente patrimonio immobiliare. Lucio Parisi avrebbe addirittura compiuto investimenti in strumenti finanziari e polizze assicurative per un valore superiore ai 900mila euro.
Tra gli arrestati anche il mascalese Carlo Nastasi, i giarresi Carmelo Compagnino, Luca Fazio e Concetto Parisi, figlio di Lucio. Avrebbe ricoperto un ruolo importante anche Rosario Genati, residente a Calatabiano, medico al pronto soccorso dell’ospedale San Vincenzo di Taormina. Secondo l’accusa uomo, finito ai domiciliari, avrebbe fornito al sodalizio i referti con le false attestazioni diagnostiche da allegare alle richieste di risarcimento presentate alle compagnie assicurative. In cambio avrebbe ricevuto o accettato la promessa di somme di denaro. Per ogni certificato medico il compenso sarebbe stato di 200 euro.
LE INDAGINI. L’inchiesta sfociata nell’operazione “First aid” prende il via nell’aprile dello scorso anno quando uno degli indagati si presenta negli uffici della Guardia di Finanza di Taormina. L’uomo racconta di aver preso parte ad un falso incidente stradale a Gaggi, in cambio di soldi. Ad organizzare tutte le fasi della truffa sarebbe stato Sebastiano Messina che avrebbe fornito in quell’occasione le indicazioni necessarie per ottenere il falso referto al pronto soccorso dell’ospedale di Taormina.
Un avvocato compiacente si sarebbe successivamente occupato del disbrigo della pratica. I finanzieri, dopo aver verificato l’attendibilità del racconto, hanno dato il via alle indagini coordinate dal sostituto procuratore della Dda di Messina Liliana Todaro. Dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali e dai sequestri compiuti successivamente nell’abitazione di Sebastiano Messina e nello studio di Lucio Parisi, sarebbe emersa l’esistenza di un sodalizio criminale dedito alle truffe assicurative.
Quarantotto gli indagati coinvolti, ognuno con un ruolo, nei falsi sinistri. Diciotto della provincia di Catania, tra Riposto, Giarre, Santa Venerina, Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Mascali ed Acicastello, e gli altri trenta residenti nel messinese tra Taormina, Giardini Naxos, Castelmola, Gaggi, Graniti e Messina. Tra gli indagati, non raggiunti da misura cautelare, anche Vincenzo Caruso, direttore dell’ufficio postale della frazione giarrese di Altarello, la cui posizione sarebbe ancora al vaglio degli investigatori. Secondo la Procura peloritana l’uomo avrebbe detenuto e gestito i libretti postali su cui confluivano i risarcimenti liquidati dalle compagnie assicurative.
IL SISTEMA. Stabile e sofisticato, secondo l’accusa, il meccanismo messo in piedi dall’associazione per truffare le compagnie assicurative. Ogni singolo falso incidente, studiato nei minimi dettagli, avrebbe fruttato in media una cifra pari a 10mila euro. In un’intercettazione captata dai finanzieri tra Sebastiano Messina ed un altro indagato, il primo dice “…se noi dobbiamo prendere 1800/2000 euro ciascuno, per subito, io preferisco aspettare un mese e prendere per esempio 5,6,7…8 hai capito cosa ti voglio dire?” e poi ancora “…per 500 euro non mi interessa…ma qua si tratta del doppio…triplo…”.
L’organizzazione, che poteva contare su figure professionali quali medici e avvocati, predisponeva i luoghi, i mezzi, i soggetti coinvolti e i testimoni dei sinistri, in realtà mai avvenuti. In alcuni casi il sodalizio avrebbe anche esercitato pressioni ed intimidazioni nei confronti dei periti incaricati della verifica degli incidenti.
Non solo. Oltre ai falsi Cid e certificati medici venivano anche presentati falsi scontrini di farmacie, dai quali risultavano acquisti di medicine e prodotti ortopedici. Falsificati in più di un’occasione anche i referti radiologici. Sequestrati dalle Fiamme Gialle agende con appunti di autoveicoli, medici, periti, testimoni ma anche tariffari per ogni singola prestazione fornita. Messina e Parisi avrebbero gestito direttamente tutte le operazioni, occupandosi di contattare volta per volta i soggetti da coinvolgere nei falsi sinistri e istruendoli adeguatamente sulle versioni da fornire alle compagnie di assicurazione. Erano sempre loro, secondo l’accusa, a detenere i libretti su cui confluivano le somme dei risarcimenti, i Cid falsi, i software per scannerizzare scontrini, firme, carte intestate di ospedali, cliniche private e studi radiologici per le false attestazioni.