Forse il più sorpreso sarà proprio lui. Massimo Russo è certo della linearità del suo operato, come noi siamo sempre stati abbastanza sicuri della bontà delle sue intenzioni. Dunque, l’assessore che sta antipatico a molti si sarà adirato per le parole ascoltate ieri. Un sacrilegio. Rileggiamoci: “Massimo Russo con la nascita e la presentazione del suo movimento – ha detto il capogruppo di Fli all’Ars, Livio Marrocco – ha oltrepassato la barricata: non è più un tecnico, bensì un politico a tutti gli effetti. Ebbene, gli chiediamo di essere coerenti con questa sua legittima scelta lasciando il ruolo di assessore, che gli era stato assegnato in quanto tecnico fuori dall’agone politico”. Con l’aggiunta di una serie di giudizi non lusinghieri sulla riforma della sanità. Sempre Marrocco: “Avevamo creduto ed investito in un’azione riformatrice che risanasse i conti, riorganizzasse il sistema, rompesse equilibri stagnanti. Lo abbiamo fatto con il sacrificio di molti operatori, medici, amministratori della sanità. Pensavamo che dopo aver bloccato l’emorragia dei conti, si potere respirare un clima nuovo fatto di entusiasmo. Invece ora l’iniziale ed indubbio spirito riformatore ha ceduto il passo a tante scelte errate, alcune delle quali hanno danneggiato importanti realtà del mondo sanitario siciliano”.
Secondo chi scrive, non ci sarebbe stato bisogno di aspettare tanto per mettere un dito sincero sulle piaghe del sistema. Da tempo, Livesicilia grida con voce stentorea e vituperata nel deserto. Da tempo, scriviamo che all’assessore basterebbe – anche oggi – un paio di baffi finti per valutare non le straordinarie criticità della sanità siciliana, ma le imperdonabili pecche di ogni giorno. E non ci conforta troppo la circostanza che qualcuno abbia cambiato idea a riguardo. Perché sono mutamenti che hanno un gioco politico scoperto alle spalle. La salute dei cittadini non c’entra per niente.
Resteranno da comprendere le conseguenze del poi. Il risultato della mozione di censura assumerà un significato di primaria grandezza. Massimo Russo non è un assessore qualunque. E’ stato e rimane il fiore all’occhiello di un’esperienza, il santo riformista da condurre in processione, il biglietto da visita, l’argenteria di famiglia e così seguitando. Che piaccia o no, la messa in discussione di un simile campione della giunta Lombardo è un’ammissione lacerante, una sottolineatura marcata, circa la complessiva qualità di spirito della celebre azione riformatrice, nel merito del governo di cui egli fa parte. A prescindere dal poi, anche il prima ci sembra di qualche rilevanza.