“Devo visitarla, alzi la maglietta…”. Lei (il nome è coperto dalla privacy), sui 35 anni, è girata di spalle, indossa abiti comodi e non porta il reggiseno. E’ in casa con una banale influenza, un po’ di febbre, non può andare al lavoro. L’uomo che parla è un medico dell’Ausl 6, al quale ha aperto la porta pochi minuti prima per una normale visita fiscale. “Ero un po’ perplessa, ma ho alzato la maglietta come mi chiedeva il dottore. Mi ha controllato le spalle e poi mi ha chiesto di voltarmi. Avevo il seno scoperto e lui…l’ha toccato…”. Un attimo, quelle mani sconosciute proprio lì – secondo la ricostruzione della signora – il copione che cambia all’improvviso, le parti che non sono più quelle stabilite “e non sai cosa fare. D’istinto sono solo riuscita ad abbassare subito la maglietta per allontanarlo. Mi ha dato tre giorni di malattia e se n’è andato senza dire nulla”.
Oggi lei ha 39 anni, vive a Palermo, ha un compagno e una bambina. Come quel giorno, è impiegata del ministero della Giustizia, ma – a differenza di quel giorno – non ha più paura. Si è costituita parte civile (con un’altra presunta vittima) nel processo per violenza sessuale e lesioni a carico del medico dell’Ausl. “Seguirò tutte le udienze – afferma decisa – anche se per me non è stato facile ed ho dovuto fare un duro lavoro su me stessa per affrontare la situazione”.
Il giorno della visita fiscale, come ricorda adesso, il suo stato d’animo era molto diverso. “Avevo paura, cercavo di realizzare ciò che era successo, ho chiamato le mie colleghe, il mio compagno…Quando poi, il giorno successivo, quel medico è tornato a citofonare a casa mia, senza un motivo apparente, ero davvero terrorizzata. Ho chiamato mia madre e l’ho tenuta al telefono con me mentre aprivo la porta. Non l’ho fatto entrare. ‘Volevo sapere come stava’, mi ha detto, ‘prendere un caffè’. Ho chiaramente rifiutato e l’ho mandato via”.
Questi fatti avrebbero dato inizio a un periodo doloroso, fatto di paura, di insicurezza. “Mi facevo accompagnare ovunque. Io, così indipendente che vado in giro senza problemi da sola anche di sera. Per parecchio tempo sono andata al lavoro anche quando non stavo proprio bene: temevo che per la visita fiscale mandassero nuovamente lui”.
Le cose sono cambiate proprio nel momento in cui la donna è stata costretta ad affrontarla quella paura. “Un giorno avevo la febbre molto alta, impossibile andare al lavoro e sapevo – spiega ancora – cosa significava: una nuova visita fiscale e la possibilità che tornasse quel dottore. Invece, per fortuna, ne è venuto un altro, al quale ho raccontato quanto mi era successo qualche mese prima. E’ stato proprio lui a consigliarmi di scrivere all’Ausl 6. L’ho fatto e l’azienda mi ha risposto che erano stati presi dei provvedimenti nei confronti di quella persona. Era questo che mi interessava – aggiunge – pensavo che così non avrebbe potuto fare a nessun altro ciò che aveva fatto a me. Circa due anni fa, però, sono stata chiamata dalla polizia. In seguito alla denuncia di un’altra donna, si stava procedendo d’ufficio contro il medico e sono stata sentita come persona informata dei fatti proprio in virtù di quella lettera inviata all’azienda sanitaria”. A febbraio scorso, il dottore è stato rinviato a giudizio dal gup ed il dibattimento, oggi rinviato, si aprirà il 17 giugno.