PALERMO – Pisano: e poi dice che non sa crossare. Bolzoni: corre, corre ma per piedi ha due ferri da stiro. Lafferty: tutta forza e irruenza e poco altro. Il calcio è la cattedrale dei luoghi comuni, dei giudizi spietati e taglienti come mannaie, che, però, una volta o l’altra, ti fa fare certe figure barbine da perderci la faccia. Quanti di noi – me compreso – abbiamo abusato di frasi fatte e pregiudizi nel giudicare il Palermo visto fino a sabato scorso (squallido 0-0 in casa col Varese)? Non ha gioco, l’organico non è da promozione, il centrocampo è fatto solo da modesti suonatori e nessuno che diriga l’orchestra. Quante volte abbiamo rimproverato a Iachini di non aver le idee chiare circa la formazione tipo, quella capace di dare un volto definitivo alla squadra? Quante volte abbiamo imprecato per i tocchi sbagliati di Pisano, i passaggi sventati di Bolzoni, le spallate furiose di Lafferty, buone solo ad accumulare punizioni contro? Tante, troppe volte e ora ci tocca chinare il capo e ammettere che il calcio è materia strana, non ha formule magiche, né moduli perfetti e che quel che conta veramente è essere una squadra. Nel senso di giocare insieme, uno per tutti e tutti per uno.
E, quindi, che ci vuole il tempo che ci vuole se l’assemblaggio risulta più complesso del previsto (per il radicale rinnovamento effettuato, dopo la retrocessione in B) nel quale il movimento del singolo deve incastonarsi in quello degli altri dieci suoi compagni di squadra. Ebbene, tutto questo, fino alla partita col Varese, sembrava solo una pia speranza, forse addirittura una chimera, più che una concreta possibilità. Anche se Iachini non faceva che raccomandare di aver pazienza, che solo il lavoro e il sacrificio di tutti avrebbe, col tempo, dato i frutti tanto febbrilmente attesi. Perché – sottolineava ad ogni occasione – “l’organico è di prima qualità e i valori effettivi verranno presto alla luce”. Poi, siccome è un tipo prudente per natura, puntualizzava: “Naturalmente, col tempo, che ci vuole e, comunque, non prima di febbraio-marzo!”.
Prudenza tutt’altro che gestibile dalla parte di una tifoseria delusa se non arrabbiata perché da tre anni non fa che soffrire tutte le pene del mondo per una squadra che prima rischia seriamente la retrocessione (due stagioni fa) e poi ci precipita dentro con grande, talvolta eccessiva, congerie di accuse e contro accuse, rivolte soprattutto al responsabile massimo della società, ovvero al presidente Zamparini. Che se ne è sentite dire di tutti i colori e da ogni livello possibile della tifoseria rosanero. Senza dimenticare il buon Perinetti, a sua volta fin qui svillaneggiato sui social network a furia di “Bella campagna acquisti, davvero!” Oppure: “E’ buono solo a vendere i migliori, ma per comprare chi? Tante scartine, tipo Daprelà, Ngojy, Lafferty, Troianello e compagnia varia!”. E infine, quando sono arrivati Verre e Belotti, che si son messi subito in evidenza, hanno continuato con un’ironia ancora più pungente. “Sono bravi questi due ragazzini ma per Perinetti erano buoni solo per la “squadra primavera”!”.
Ebbene, tutto questo pandemonio fino a sabato scorso, perché ieri in un campo proibitivo per tutti (al “Partenio” 5 vittorie dell’Avellino e un solo pareggio) il Palermo ha finalmente mostrato il suo vero volto, quello che hanno un po’ troppo presto strombazzato i “media”, sin da questa estate: il volto della squadra che doveva dominare il campionato. E che invece ha stentato a capire che cos’è la serie B e come bisogna affrontarla, al punto che, dopo sole sei giornate, Gattuso è stato esonerato ed è arrivato Iachini. Che ha subito innestato la marcia giusta e non a parole, ma con i fatti. Lui se ne intende, lui la B la conosce bene perché l’ha vinta tre volte di seguito. Insomma, il meglio sul mercato e Zamparini non se l’è lasciato sfuggire, anche se – è opinione comune – doveva pensarci già questa estate, anzi che scommettere una volta di più, come tanto gli piace, con allenatori (solo) di suo gradimento (ricordate anche Walter Zenga, scovato come una perla rara dal presidente e poi esonerato, dopo il pareggio casalingo proprio col Catania, sua sex squadra?). Buon ultimo, appunto, Gattuso, alla sua prima esperienza vera da allenatore.
Ad Avellino, nella sua trasferta più insidiosa, abbiamo scoperto il vero Palermo, perché lo abbiamo visto finalmente giocare da squadra: ognuno aveva il suo compito preciso e lo ha svolto alla perfezione. E, al primo sussulto, alla prima incertezza, eccolo Iachini intervenire con chirurgica precisione e il tempismo, che possiedono solo gli allenatori veri. Ad inizio ripresa ha sostituito Bacinovic, in evidente calo fisico, con Verre e al 26’ Dybala, che si era battuto bene ma cominciava a sentire la fatica e i… calcioni che gli appioppavano senza risparmio i due centrali avellinesi: è entrato Belotti e con lui i calcioni non fanno danni: lui è un torello e se c’è da darle, non si tira indietro. Il Palermo teneva bene l’1-0, siglato da un bel destro di Lafferty, quello che, a sentire certi sapientoni, sa solo fare a spallate, su cross di Pisano, quello che non sa crossare, a sua volta imbeccato magistralmente da un sontuoso colpo di tacco di Bolzoni: quello che non ha due piedi ma due ferri da stiro. Ma il vantaggio, nonostante la superiorità netta del Palermo, anche per le belle parate del portiere irpino (strepitosa quella su colpo di testa di Lafferty), restava esiguo e, quindi, passibile di rimonta da parte della squadra di Rastelli, che ce la metteva tutta, furore agonistico incontenibile, anche per l’urlo interminabile che arrivava dagli spalti, gremiti come mai e che in uno stadio come il “Partenio” rappresenta davvero il cosiddetto dodicesimo uomo in campo. Ma stavolta per battere un Palermo, praticamente perfetto, non ne sarebbero bastati neanche venti. Specie quando – ultima intuizione felice di Iachini – a dieci minuti dal termine, ha tolto il generosissimo Lafferty e ha gettato nella mischia Hernandez e qui anch’io ho avuto il mio sussulto e mi son chiesto: “Perché?”. La risposta è arrivata tre minuti dopo: con l’Avellino sbilanciato nel disperato tentativo di pareggiare (senza però mai impensierire seriamente Sorrentino, neanche con il leonino Biancolino in campo) Barreto ha indovinato un assist al bacio per l’uruguagio, che è scattato come una freccia, ha aggirato il portiere e ha messo al sicuro la vittoria, che ci sospinge in alto e ci permette di accogliere come merita il pretenzioso (a sentire i suoi tifosi) Trapani, sabato al “Barbera”.