TRAPANI – L’amarezza è forte, fortissima. Dopo anni di trionfi, gioie e sogni di gloria, Trapani si ritrova nuovamente a mordere la polvere. La sconfitta di Brescia ha sancito il ritorno dei granata in Lega Pro dopo un poker di stagioni da protagonisti. La sfida di Coppa Italia con l’Inter a San Siro al primo anno, la salvezza lanciando giovani di eccelsa qualità (vedi Caldara) nel campionato successivo, la dolce illusione della serie A svanita per un soffio nella stagione della consacrazione, infine la grande rimonta sino agli ultimi maledetti tre turni nel torneo che ha appena chiuso i battenti. Sino a oggi, la Trapani del calcio si è fatta onore e ha fatto parlare di sé solo attraverso il campo.
Purtroppo non è bastato per mantenere un bene prezioso per la piazza e, più in generale, per la città. Un’annata cominciata con il sinistro sentore di un giocattolo che si era rotto, con il primo segnale giunto in piena estate con l’addio fulmineo di Daniele Faggiano. Il ripiego, nella persona di Pasquale Sensibile, non ha prodotto risultati, nonostante il mantenimento dell’ossatura della rosa giunta a una spanna dalla promozione in A (big, o presunti tali, compresi). Dopo la “pareggite” d’inizio stagione, la patologia del Trapani si è rivelata per quella che era: una vera e propria involuzione sul piano del gioco, delle motivazioni, della compattezza all’interno dello spogliatoio.
Sconfitta dopo sconfitta, il dramma prendeva forma: via Cosmi (forse da sollevare dall’incarico con qualche giornata d’anticipo, ma la riconoscenza è un valore coltivato e sostenuto dalla famiglia Morace) e Sensibile in un sol colpo, al loro posto sono giunti, nonostante lo scetticismo della piazza, Calori e Salvatori. Un mese di diagnosi prima che la strana coppia tentasse di ridare speranza a un paziente dato per spacciato al termine del girone d’andata, considerati i 10 punti di ritardo dalla zona salvezza e un ultimo posto con tanto di distacco considerevole rispetto alla penultima. Sguardo rivolto al mercato prima di avviare la rivoluzione di gennaio.
Via, tra gli altri, Petkovic e Scozzarella, con Citro con la valigia in mano sino all’ultimo istante. Approdano nella città falcata Pigliacelli, Maracchi, Rossi, Jallow e Manconi. Il granata da pallido si trasforma in fulgente: risultato dopo risultato, il Trapani si esalta ed esalta il proprio pubblico. La rimonta diviene possibile e si tramuta in dolce realtà in avvio di primavera. Dopodiché la fatica comincia a farsi sentire insieme al peso di una responsabilità importante e viene pezzo quel pizzico di lucidità fondamentale bei momenti chiave di una stagione. L’esempio più vicino è rappresentato dalla gara col Cesena: con logica e saggezza, limitarsi a un pari piuttosto che cercare la vittoria a tutti i costi avrebbe potuto cambiare il senso di un’intera stagione.
Il resto è storia recente, amara. Amarissima. Dal 9 giugno 2016 al 18 maggio 2017 sono trascorsi 343 giorni: lo spazio e il tempo segnano il passaggio dal mancato contatto con l’Empireo allo schianto sul selciato dell’inferno. Dal biancazzurro del Pescara al biancazzurro bresciano. Dalla A saluta con la mano alle fauci della Lega Pro che si sono spalancate inghiottendo quel che è stato in poco meno di un lustro. Tra non molto arriverà il tempo di asciugare le lacrime e di lasciare andare la rabbia. Le situazioni giudiziarie che, in queste ore, riguardano da vicino la famiglia Morace preoccupano la piazza, tuttavia tra non molto sarà tempo di programmare, individuare nuovi traguardi e ripartire. Con chiarezza e linearità. Lo merita la città, lo merita una tifoseria che non si è mai distaccata dai propri colori. Meglio andare subito a capo, senza pensarci troppo. Avanti tutta, Trapani.