PALERMO – Il Palermo sembra tutt’altro che pronto per iniziare la nuova stagione, che è cominciata ufficialmente nella serata di ieri con la composizione del calendario. La prima giornata, in programma tra poco meno di trenta giorni, vedrà la formazione rosanero opposta al Sassuolo, in un “Renzo Barbera” che non sappiamo quanto potrebbe essere pieno. Ma prima ancora di pensare all’immediato futuro e all’esordio nella prossima stagione, non ci si può non preoccupare per il presente. Le dimissioni annunciate dal direttore sportivo Rino Foschi, ufficialmente per motivi di salute, sono l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di incertezze, di una gestione del mercato fin qui votata solo al profitto da trarre per la cessione dei giocatori più rappresentativi, non ancora sostituiti quando manca, per l’appunto, meno di un mese all’inizio del campionato e ancora meno tempo prima del debutto stagionale in coppa Italia.
Il dirigente romagnolo ha fatto capire di non essere nelle migliori condizioni psico-fisiche per condurre un’estate di vera e propria passione, in cui non è riuscito a mettere a segno un singolo acquisto in entrata, complice anche l’ostruzionismo di Zamparini. Il patron ha bloccato, per sua stessa ammissione, una serie di affari in entrata che Foschi stava conducendo, o addirittura mandare in porto. Gente come Luca Cigarini, Omar El Kaddouri e Mirko Valdifiori – con quest’ultimo che avrebbe comunque escluso il neo-blucerchiato – avrebbe fatto certamente comodo a una squadra troppo giovane, troppo poco esperta e troppo limitata sul piano tecnico, nonchè su quello tattico. Sono giocatori così, quelli di cui Davide Ballardini avrebbe avuto bisogno per costruire qualcosa di solido e concreto per evitare di vivere stagioni come quella appena conclusa. E invece si continua, in casa Palermo, con la politica delle cessioni per avere degli introiti. È stata la volta di Sorrentino, Maresca e Gilardino, i cui contratti sono scaduti o sono stati risolti a fine stagione. È stata la volta di Vazquez e sarà la volta di Gonzalez e Lazaar. Ma potrebbe essere anche la volta di Robin Quaison, accostato all’Atalanta nonostante si parli per lui di rinnovo del contratto.
Con un quadro che si viene a dipingere in questo modo, l’unico aggettivo possibile è: deprimente. L’umore dei tifosi è ai minimi storici da quando Maurizio Zamparini ha prelevato la squadra dalla famiglia Sensi, il dato dei mille abbonamenti sottoscritti dopo i primi cinque giorni di campagna difficilmente salirà in maniera vertiginosa e non sembrano in programma cori di giubilo e manifestazioni di esaltazione in vista della prima uscita stagionale del Palermo tra le mura amiche, l’amichevole di lusso del 6 agosto contro l’Olympique Marsiglia. L’assenza di un direttore sportivo, e quindi di un progetto sportivo degno di una formazione che deve interfacciarsi con la serie A, rende il tutto molto complicato. E anche Davide Ballardini, che fin dall’arrivo della squadra a Bad Kleinkirchheim ha fatto richieste di mercato ben delineate alla propria dirigenza, sia nei colloqui privati che nelle dichiarazioni a mezzo stampa, potrebbe ricorrere all’estrema conseguenza e lasciare la squadra, con un tempismo ancora tutto da scoprire.
La pazienza è proprio ciò che rischia di difettare in un momento così delicato. Ritrovarsi con una rosa ridotta all’osso, e perdipiù abbattuta sul campo da una modesta formazione di serie B ungherese, con una dirigenza ancora una volta stravolta e con un clima ambientale non semplice da gestire, potrebbe rendere questa estate la peggiore della storia recente del calcio a Palermo. E chissà se gente come Frank Cascio o la cordata cinese che Zamparini ha sbandierato ai quattro venti nei giorni scorsi, sapranno convincere il patron del sodalizio di viale del Fante a fare un deciso passo indietro, accettare le offerte che sono arrivate e che continueranno ad arrivare, per restituire al Palermo calcio e allo sport cittadino in generale quel lustro, che sembra lontanissimo ma che in realtà dista appena cinque anni, cioè quanto è passato dal sogno di poter sollevare il primo trofeo della storia del club.