Quella riforma urbanistica che insidia il territorio

Quella riforma urbanistica|che insidia il territorio

Fermare il soccorso agli abusivi
SEMAFORO RUSSO
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3 min di lettura

Sono passati alcuni giorni dagli ultimi eventi alluvionali accaduti a Palermo e a Catania eppure dobbiamo fare i conti con la volontà di ampi e trasversali settori del Palazzo del potere siculo, attraverso la riforma urbanistica all’esame dell’Ars condita con numerosi e insidiosi emendamenti, di andare in soccorso a chi negli anni ha costruito abusivamente e oggi auspica maglie sempre più larghe per infierire su un territorio, in particolare le coste, già abbastanza ferito.

Questa volta il PD è intenzionato a fare le barricate insieme a un risoluto M5S, ma basterà? In commissione Ambiente, intanto, il provvedimento è passato a conferma degli intendimenti ambigui della maggioranza che sostiene Musumeci, di fatto ben lontani da una logica di salvaguardia del territorio e di ripristino dei luoghi non ostacolando con furbate legislative le demolizioni disposte dalla magistratura. In realtà, al di là di ciò, la perdurante mancanza, chiunque governi, di un progetto complessivo che affronti il grave problema del dissesto idrogeologico legato al consumo scriteriato del suolo di vaste zone della Sicilia e delle nostre piccole e grandi città vede, a prescindere dagli innegabili mutamenti climatici, la responsabilità schiacciante di tutti i partiti, di tutti gli schieramenti, di destra e di sinistra passando dal centro, e di una classe politica rimasta sostanzialmente invariata da decenni.

Non è sparare nel mucchio, è la drammatica realtà sennò non staremmo così male. Non solo, la costante violenza nei confronti dell’ambiente, la cementificazione selvaggia delle coste, delle campagne intorno agli agglomerati urbani, l’abusivismo edilizio – crimini consentiti da politici distratti o complici per rubare consenso e perpetrati da cittadini compiacenti sicuri dell’immancabile condono – gli incendi dolosi scatenati da delinquenti che meriterebbero l’ergastolo al pari degli assassini, l’assenza di massiccie attività di rimboschimento supportate dalle moderne tecnologie di sorveglianza di parchi, boschi e riserve, hanno costituito, insieme a una demente concezione feudale della burocrazia, e ancora costituiscono le ragioni delle devastazioni annunciate in occasione di nubifragi, frane e alluvioni e della omessa realizzazione delle opere necessarie per rimediare ai danni compiuti dall’uomo. I soldi ci sono, latitano le idee, magari già elaborate ma giacenti nei cassetti della pubblica amministrazione, e la volontà di concretizzare.

Nessuno che abbia rivestito e rivesta ruoli istituzionali, comunali, regionali e statali, può tirarsi fuori. La cosa più insopportabile di tale desolante quadro, però, non è tanto il puntuale rimpallo delle colpe come avvenuto in occasione dei recenti paurosi allagamenti a Palermo, ma la consapevolezza che coloro che oggi accusano non solo non avrebbero saputo fare di meglio, in quanto appartenenti alle medesime famiglie politiche che hanno comunque governato nel passato o che in atto governano regioni e città con la medesima pratica del rinvio alimentata da clientelismi e favoritismi, ma si candidano a mantenere o a occupare i Palazzi del potere per poi perpetuare, lo si può facilmente certificare fin da ora, inefficienze, ritardi e convenienze di partito, sempre a danno del bene collettivo. Ecco perché è fondamentale capire subito, mentre il Parlamento siciliano decide un’importante riforma circa le regole sull’edilizia da adottare in Sicilia, chi sta dalla parte della cura del territorio e dell’ambiente e chi, per squallidi scopi privati o elettorali, dalla parte di speculatori e affaristi. 

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