PALERMO – Il Tribunale del Riesame accoglie il ricorso della Procura di Palermo e “ordina” l’arresto di Matteo Messina Denaro. Si può solo sperare che il fatto di scriverlo su un atto giudiziario sia di buon auspicio.
I pm palermitani nei mesi scorsi aveva inserito il nome dl latitante nell’elenco delle persone a cui “notificare” l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un’estorsione, ma il giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta. Da qui il ricorso del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Giovanni Antoci e Gianluca De Leo.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, il capomafia di Castelvetrano nel 2013 avrebbe firmato una lettera intimidatoria per dirimere, a modo suo, la questione sull’utilizzo di un terreno.
Terreno che in passato era stato anche nella disponibilità di Totò Riina e poi del boss di Campobello di Mazara, Alfonso Passanante. La squadra mobile di Trapani aveva svelato il tentativo di estorsione nei confronti degli eredi del defunto Passanante affinché cedessero la proprietà di un vasto appezzamento di terreno in contrada Zangara.
Il gip aveva scritto che seppure “una pregevole opera di ricostruzione e interpretazione ad opera della Pg abbia individuato nel noto latitante il soggetto cui si riferivano gli interlocutori quale mittente” non c’era alcuna certezza che fosse stato realmente lui l’autore. L’ipotesi era “tra l’altro poco conciliabile con gli ottimi rapporti vantati dai coniugi con i vari membri della famiglia Messina Denaro”.
Il 29 dicembre 2013 la figlia del boss Passannante fu intercettata mentre mentre chiedeva al boss di Campobello di Mazara, oggi deceduto, Vito Gondola informazioni sulla missiva che gli era stata consegnata da Vincenzo La Cascia.
Nella lettera si faceva riferimento ai figli della donna. “I vostri figli che c’entrano..”, chiedeva Gondola e la donna rispondeva: “Nella lettera così c’era scritto, zu Vito”. “Ma quale ammazzare – replicava Gondola – nessuno si è presentato da me”.
Il gip aveva sottolineato la “contraddizione intrinseca che toglie gravità agli elementi indiziari acquisiti” poiché “le persone offese si sarebbero, bellamente, rifiutate di soggiacere, e ciò nonostante una lettera di minacce proveniente dallo stesso latitante, sulla cui autenticità però mostravano di avanzare pregnanti dubbi”.
Non si conoscono ancora le motivazione del collegio del Riesame (giudici Pappalardo, Corleo, Flaccovio), ma il ricorso della Procura è stato accolto: “Messina Denaro va arrestato”. Difficile, però, arrestare un fantasma.