Gli viene riconosciuta l’attenuante prevista per i collaboratori e la penna per Salvatore Sollima scende da 20 a 14 anni. Era imputato per omicidio, mafia ed estorsione.
Assolti tre imprenditori imputati per favoreggiamento perché avrebbero prima negato di avere pagato il pizzo e poi, una volta messi di fronte all’evidenza del racconto di Sollima, si limitarono a confermare senza fare i nomi degli esattori e complici del collaboratore.
La sentenza è della Corte di appello presieduta da Mario Fontana. Il bagherese Sollima si era auto accusato del delitto di Girolamo Bruno, avvenuto nel 2006 ad Aquino, frazione di Monreale. In primo grado non gli era stata riconosciuta l’attenuante prevista per chi collabora con la giustizia. La Corte stavolta ha accolto la richiesta dell’avvocato Monica Genovese.
Assolti Carmelo e Pietro Ribaudo, padre e figlio, e Franco Scalzo, difesi dagli avvocati Salvatore Ferrante, Alessandro Piscitello e Salvatore Sanfilippo. In primo grado erano stati condannati a un anno e 4 mesi ciascuno di carcere.
Per Sollima decade anche la perdita della potestà genitoriale. Agli investigatori disse che Bruno sarebbe stato ucciso per questioni di droga. Il mandante sarebbe stato il boss di Santa Maria di Gesù, Rosario Profeta, che però in assenza dei riscontri necessari non è mai finito sotto processo.