La morte di Roberta Siragusa, Morreale in silenzio davanti al gip - Live Sicilia

La morte di Roberta Siragusa, Morreale in silenzio davanti al gip

L'udienza di convalida del fermo

PALERMO – Si è avvalso della facoltà di non rispondere Pietro Morreale, il diciannovenne di Caccamo accusato dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della fidanzata, Roberta Siragusa, 17 anni. L’indagato, rimasto in silenzio anche davanti ai pm nei giorni scorsi, non ha risposto al gip che oggi deve decidere sulla convalida del fermo deciso a carico del ragazzo dalla procura di Termini Imerese.

L’udienza di convalida è in corso. Era stato Pietro a portare i carabinieri, domenica mattina, sul luogo in cui si trovava il corpo di Roberta. Secondo gli inquirenti il ragazzo avrebbe ucciso la fidanzata sabato notte durante una lite scoppiata per motivi di gelosia, mentre erano appartati in auto vicino al campo sportivo di Caccamo, poi avrebbe spostato il corpo in fondo a un dirupo e avrebbe tentato di dargli fuoco.

La Procura di Termini Imerese, che indaga sull’omicidio della 17enne trovata morta semi-carbonizzata in fondo a un dirupo a Caccamo, ha depositato agli atti dell’udienza di convalida del fermo la testimonianza del fratello della vittima. Il ragazzo ha raccontato che nel garage della loro abitazione era custodita le vespa guasta della sorella. Il particolare conferma in parte quanto ha riferito l’indagato che ha sostenuto di avere avuto in auto la bottiglia con la benzina, impiegata per bruciare il corpo, perché doveva utilizzarla per la vespa di Roberta. Pietro, nella versione riferita ai carabinieri, ha detto che Roberta, dopo una lite avuta in auto sabato notte, si è data fuoco col carburante tenuto in macchina e si è buttata nel dirupo. Storia ritenuta non credibile dai pm che sono convinti che il ragazzo abbia strangolato la fidanzata, abbia bruciato il corpo in un campetto sportivo a Caccamo, dove sono state trovate tracce di combustione, e poi abbia buttato il cadavere nel burrone.

Il gip è in camera di consiglio per decidere sulla convalida del fermo dell’indagato. Il suo legale, l’avvocato Giuseppe Di Cesare, ha chiesto gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico ritenendo che il suo l’assistito non possa né fuggire né inquinare le prove vista la massiccia presenza di forze di polizia presenti in paese.
(ANSA).


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