"Sequela di bugie" per evitare l'ergastolo. "È l'assassino di Roberta

“Sequela di bugie” per evitare l’ergastolo. “È l’assassino di Roberta

Roberta Siragusa
Il delitto avvenne il 23 gennaio del 2021 a Caccamo

PALERMO – “L’azione di Monreale certamente aberrante, crudele e premeditata ha ricevuto l’adeguata risposta sanzionatoria del caso”. E cioè la condanna all’ergastolo inflitta a Pietro Morreale per l’omicidio di Roberta Siragusa. La Corte di appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino, ha depositato la motivazione con cui ha confermato il carcere a vita per il giovane di Caccamo accusato di aver ucciso, il 23 gennaio del 2021, l’ex fidanzata diciassettenne.

La tesi difensiva

Non ha fatto breccia la tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Giunta, secondo cui si sarebbe trattato di un tragico incidente o in alternativa di un suicidio. Roberta si sarebbe cosparsa di benzina per poi darsi fuoco. Perché lo avrebbe fatto? Perché Monreale, dopo aver scoperto che la ragazza aveva un’altra relazione, le disse che avrebbe raccontato tutto alla madre. Roberta avrebbe preferito farla finita piuttosto che affrontare la reazione della madre.

“Anomalie e bugie”

La Corte elenca gli indizi a carico dell’imputato. “L’anomalia comportamentale del ragazzo e dei membri della sua famiglia che ha ritenuto di presentarsi ai carabinieri a denunciare quella che comunque, suicidio o incidente, era pur sempre una tragedia immane caduta sotto i propri occhi, solo col proprio comodo alle 9:00 del 24 gennaio 2021″. E cioè sette ore dopo il decesso. Che non possa essere stato un incidente lo escludono gli “accertamenti medico legali”.

Ed ancora il collegio parla della “sequela di bugie, comportamenti fuorvianti, vera e propria mistificazioni del ragazzo”, “puerili ma lucidi tentativi di darsi una sorta di alibi”. C’è anche un fatto “inquietante” che ha preceduto di pochi giorni il delitto: Morreale “aveva consigliato all’amico una settimana prima dell’omicidio di leggere ogni giorno i contenuti sui social network cartelle perché avrebbe provato prestissimo la notizia di un giovane ucciso col fuoco”. In realtà si sarebbe riferito alla povera Roberta.

È stato un femminicidio

Nessun dubbio per la Corte, il delitto ha tutte le caratteristiche del femminicidio: “Senso patologico del possesso, reificazione della ragazza, insofferenza verso gli spunti di libertà dalla vittima, pregressi episodi di violenza fisica, instillazione di un senso di rassegnazione e paura”. La Corte ha confermato il risarcimento dei danni in favore della madre della diciassettenne, Iana Brancato, del padre, Filippo Siragusa, del fratello Dario, della nonna, Maria Barone. Erano parte civile con l’assistenza degli avvocati Giovanni Castronovo, Giuseppe Canzone, Sergio Burgio e Simona La Verde.


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