PALERMO – Poche entrate, troppi accantonamenti, anticipazione di tesoreria ai massimi storici, disallineamenti con le partecipate: i conti del comune di Palermo sono in rosso, in profondo rosso, e in queste condizioni è impossibile chiudere il bilancio di previsione 2021. Se non è il dissesto, poco ci manca ma quel che è certo è che a Palazzo delle Aquile continua a suonare il campanello d’allarme.
Da mesi gli uffici mettono nero su bianco che i problemi finanziari della quinta città d’Italia ormai sono arrivati al limite, ma stavolta a sancire la drammaticità della situazione è la stessa giunta che, in una delibera approvata mercoledì e pubblicata solo ieri, ha dovuto prendere atto di quanto ormai sia impossibile correggere la rotta. Una mossa che il sindaco Leoluca Orlando avrebbe evitato volentieri a meno di un anno dalle elezioni, ma la pandemia ha accelerato un percorso che comunque era segnato: l’emergenza Covid è infatti soltanto uno dei dieci “princiapli punti di criticità” che vanno dalla bassa riscossione ai debiti commerciali, dalle partecipate alle spese legali, passando per il rendiconto, l’equilibrio patrimoniale e il fondo crediti di dubbia esigibilità.
La delibera è stata mandata a Roma, alla Regione, in Prefettura e perfino alla Corte dei Conti, come a dire che la situazione è chiara e sotto gli occhi di tutti: la strategia del sindaco è di inserirla in un’azione corale di tutti i comuni siciliani, per la stragrande maggioranza alle prese con il problema degli accantonamenti. Ma questo non significa che Palermo non soffra a prescindere di criticità che ormai da anni di trascinano senza una soluzione, sebbene nella delibera si legga che l’accantonamento da 180 milioni “precipita l’ente, senza alcun profilo di responsabilità, in una condizione insanabile di precarietà”.
Da tempo si parla di un “salva Roma” e le cronache giornalistiche raccontano che ci sarebbe allo studio un provvedimento simile anche per il comune di Napoli, mentre Palermo sembra doversela cavare da sola. “Sta accadendo ciò che avevamo previsto da almeno un paio di anni e, purtroppo, nel modo peggiore e più pesante per la città – attacca Ugo Forello – Avevamo invitato il sindaco nel 2019 ad avviare le prucedure di pre-dissesto per preservare il ‘sistema Palermo’, ma si è fatto finta di nulla. Oggi, visto il peggioramento della situazione, che poco ha a che vedere con l’emergenza Covid e che è molto collegata al cattivo modo in cui sono state amministrate la città e le sue partecipate, l’unica via possibile sembra il dissesto e la dichiarazione del default del Comune, a meno che non si lavori tutti insieme e per il bene della città per proporre a Roma una disposizione normativa ad hoc, un decreto salva-Palermo che possa mettere in sicurezza la città e le sue partecipate. Questo sì potrebbe essere il primo provvedimento di una nuova fase in cui il sindaco e la sua giunta, però, dovrebbero fare un opportuno passo indietro, rassegnando le dimissioni. La nuova fase non potrebbe infatti essere gestita dalle stesse persone che sono state, in gran parte, responsabili della gravissima crisi economica e sociale di Palermo”.
“La situazione del comune di Palermo è molto delicata – dice il forzista Giulio Tantillo, esponente anche dell’Anci isolana – Bisogna trovare una soluzione che non può che essere un intervento nazionale per Palermo e per tutti i comuni. La situazione politica in città è sfuggita di mano, ma l’obiettivo di tutti è risolvere i problemi: prima si sblocca il bilancio e prima riparte Palermo”.
La giunta elenca anche una serie di provvedimenti da adottare, ma che lasciano il tempo che trovano: la Tari in bolletta non è certo una novità e dipende dal governo nazionale, così come le modifiche alla contabilità degli enti locali, la chiusura di Bellolampo comporta extracosti che nessuno si vuole accollare (la delibera chiede anche di individuare i responsabili a cui intentare azioni legali) e bisogna ridurre i costi delle aziende, oltre a cercare accordi per evitare le condanne nei contenziosi. La giunta vorrebbe anche applicare da subito il regolamento che ha inasprito le sanzioni contro i negozianti non in regola con le tasse comunali prevedendo chiusura e revoca della licenza per chi ha pendenze superiori a mille euro, anche se il consiglio comunale per il momento ha sospeso tutto. Misure che al momento rappresentano l’unica speranza di evitare quel che appare però ormai inevitabile e cioè il dissesto. “L’amministrazione comunale – si legge nella delibera – non può che prendere atto dell’impossibilità giuridica di approvazione del bilancio di previsione 2021-2023 in condizioni di equilibrio”.
Basti pensare che dal 2016 al 2019 si sono registrate perdite per 880 milioni e che la mancata approvazione del consolidato comporta il mancato arrivo a Palermo dell’acconto sul Fondo di solidarietà 2021 che vale fra i 60 e i 70 milioni. La 14esima relazione sull’andamento economico finanziario del Comune, se possibile, è anche più dura: l’anticipazione di tesoreria al 24 maggio è arrivata a 157 milioni di euro (il punto più alto del quinquennio) e le entrate (fra Tari, Imu e Tosap) continuano a essere troppo basse.