Erano le 8 e 30 del mattino del 25 settembre del 1979 quando, come consuetudine, il maresciallo della polizia Lenin Mancuso era andato a prendere il giudice Cesare Terranova nella sua casa. Col magistrato seduto al posto di guida, la Fiat 131 si avvia verso il palazzo di giustizia ma la sua corsa viene bloccata in via Rutelli da un commando che aprirà il fuoco contro l’auto con una carabina Winchester e diverse pistole. Le pallottole uccidono sul colpo Cesare Terranova, terminato con un colpo alla nuca, mentre il maresciallo Mancuso – la scorta del giudice – sarà ferito nel tentativo di rispondere al fuoco per morire ore dopo in ospedale.
Per il trentesimo anniversario della sua morte il centro studi giuridici e sociali Cesare Terranova ha organizzato il convegno dal titolo: “L’impegno dello Stato nell’azione di contrasto alla mafia”. All’iniziativa, che avrà luogo alle 16 nell’aula magna del palazzo di Giustizia di Palermo, prenderanno parte anche il presidente del Senato, Renato Schifani, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e il capo della polizia Antonio Manganelli.
Per l’omicidio dell’allora giudice istruttore di Palermo sono stati condannati i vertici della cupola di Cosa nostra: Totò Riina, Michele Greco, Antonino Geraci, Francesco Madonia e Giuseppe Calò. Terranova, dopo un passato di giudice di istruttore, aveva assunto un mandato parlamentare al termine del quale era tornato a Palermo come consigliere istruttore. L’omicidio, secondo le ricostruzioni dei pentiti, è stato decisi dall’ala corleonese di Cosa nostra contro il parere di boss di primo livello come Tano Badalamenti. Quella mossa servì al clan di Riina di fare un passo avanti nello spodestare le vecchie gerarchie all’interno della Cosa nostra palermitana. A.C.
(nella foto uno scatto di Letizia Battaglia)