PALERMO – Si trasformano in gironi infernali, dove urla, rabbia e violenza diventano ingestibili. La baraonda arriva dopo un progressivo aumento della tensione: prima le minacce, poi le aggressioni al personale sanitario e i calci sferrati agli arredi. Vogliono distruggere tutto. E l’hanno già fatto pochi giorni fa al pronto soccorso di Villa Sofia, dove circa cinquanta persone hanno devastato l’area di emergenza dopo il decesso di un parente. A distanza di una settimana, la violenza si è scatenata al Policlinico. Un vero e proprio bollettino di guerra, con utenti travolti dal caos, spintonati e costretti ad uscire e un addetto alla sorveglianza ferito.
“Gli utenti non possono sempre prendersela con noi – spiegano dalla direzione del pronto soccorso di Villa Sofia – tutto ciò non fa altro che aggiungere stress allo stress che già comporta il lavoro in situazione di urgenza e di sovraffollamento. Condanniamo fermamente queste reazioni, ma ricordiamo che il pronto soccorso presenta delle criticità che hanno radici antiche e sulle quali l’azienda sta lavorando per trovare alternative. C’è sicuramente il problema determinato da un afflusso esagerato di utenti – spiegano – dovuto ad una sproporzione fra le problematiche di minore entità e i servizi territoriali a queste dedicate, ai quali dovrebbero rivolgersi gli utenti che invece continuano ad intasare il pronto soccorso. Ci rendiamo conto che spesso i tempi di attesa sono lunghi, ma si tratta di situazioni che prescindono dalla volontà degli operatori che cercano di coniugare la velocità con la migliore assistenza possibile”.
Un’atmosfera molto simile a quella vissuta da medici ed infermieri dell’ospedale Civico, dove uno degli ultimi episodi violenti risale a pochi mesi fa: un uomo di 43 anni, parente di un anziano ricoverato, ha impugnato una pistola e l’ha puntata contro i medici del reparto di Terapia intensiva. Già, perché il caos non si scatena soltanto nelle aree di emergenza, “ma anche nei reparti – spiega Enrico Virtuoso, segretario provinciale Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche -. L’aggressività è tangibile tra i corridoi degli ospedale – spiega – gli utenti cedono sempre più spesso a rabbia, paura e frustrazione, che in ospedale raggiungono spesso i massimi livelli. Si tratta di un problema gravissimo ormai fuori controllo, che non riguarda soltanto i pronto soccorso e di fronte al quale il personale sanitario non ha spesso gli strumenti adatti. Come controllare l’aggressività degli utenti? Ne parleremo il prossimo 24 ottobre nel corso di un incontro che abbiamo organizzato per valutare soluzioni e chiedere maggiore sicurezza alle strutture ospedaliere. Basti pensare – prosegue Virtuoso – che nel pronto soccorso di Villa Sofia le telecamere sono disattivate e che c’è soltanto un addetto alla vigilanza. Come crediamo di potere controllare certi fenomeni se non abbiamo mezzi idonei per farlo? Inoltre – aggiunge – la carenza del personale che avvertiamo ormai da anni, non può fare altro che alimentare l’ansia e la rabbia di chi si trova ad attendere diverse ore prima di essere visitato. Ma a complicare le cose ci si mettono i pazienti che si recano al pronto soccorso per patologie minori, quelle che non richiedono un intervento di emergenza e per le quali abbiamo chiesto l’introduzione dell’infermiere di famiglia al governo regionale. Proposta che non è ancora stata purtroppo presa in considerazione”.
E’ proprio questo l’aspetto su cui si soffermano i medici del Civico, ogni giorno in quella che viene da loro stessi definita una “trincea”. Più di 95mila accessi all’anno nell’area di emergenza di via Tricomi, circa trecento quelli giornalieri. “Negli orari di punta ci sono anche ottanta pazienti – e se consideriamo che il 50 per cento degli utenti è accompagnato, il sovraffollamento è garantito. Nel territorio regionale mancano strutture pronte ad accogliere gli utenti con patologie non gravi, per i quali i pronto soccorso si trasformano in veri e propri “fari”. In questo modo un flusso sempre maggiore di paziente confluisce nelle aree di emergenza che rischiano il collasso e il ripetersi di episodi violenti. Ma bisogna anche investire in risorse adatte – precisano i medici del Civico – e intraprendere scelte aziendali in grado di evitare le lunghe attese, che provocano l’aggressività dell’utente. E’ questo, infatti, il contesto in cui maturano i conflitti che sfociano in aggressioni. Bisogna velocizzare i percorsi assistenziali, fornire a noi che viviamo sul campo risorse e strumenti utili a garantire la nostra sicurezza, perché la nostra priorità è sempre quella di aiutare la gente e non possiamo essere abbandonati a questo clima di violenza”.