PALERMO – Il 23 febbraio sapranno se finiranno sotto processo. Sono tredici le persone per cui la la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Secondo l’accusa contribuirono alla folle notte della discoteca Goa, culminata nell’omicidio di Aldo Naro.
Andrea Balsano, reo confesso del delitto, è stato condannato a dieci anni di carcere. Fu lui a sferrare il calcio mortale alla tempia del giovane neolaureato in Medicina. Il suo processo è stato celebrato davanti al Tribunale per i minorenni (all’epoca dell’omicidio, nel febbraio scorso, era ancora minorenne). La famiglia Naro, assistita dagli avvocati Nino Caleca e Roberto Mangano, ha sempre sostenuto che altre responsabilità sarebbero dovute emergere. In questi mesi i pm Marzella, Camilleri e De Flammineis, coordinati dall’aggiunto De Luca, sono andati avanti con le indagini e avrebbero individuato altri profili di rilievo penale.
La morte di Aldo Naro fu il tragico epilogo di una rissa scoppiata nel locale dello Zen a cui avrebbero partecipato amici della vittima e altri clienti: Natale Valentino, Giuseppe Micalizzi, Antonino Basile, Carlo Salvatore Lachina, Giuliano Bonura, Giovanni Colombo, Daniele Cusimano, Mariano Russo, Francesco Troia, Pietro Covello.
Massimo Barbaro, gestore della discoteca, è indagato per favoreggiamento personale: avrebbe cercato di proteggere Andrea Balsano per evitare che i carabinieri arrivassero alla sua individuazione; inoltre avrebbe mentito, negando che nel suo locale lavorasse personale in nero. Stesso reato viene contestato a Francesco Meschisi, coordinatore e reclutatore dei buttafuori, sia regolari che abusivi, e Giovanni Perna, responsabile della sicurezza.
Nel privè della discoteca, durante la festa in maschera, accanto a Naro e ai suoi amici trovarono posto una quarantina di clienti, molti dei quali con diversi precedenti penali per stupefacenti e furto. Due di loro avrebbero attaccato briga con due amici di Aldo portandogli via i cappelli da cowboy. La situazione degenerò anche perché gli stessi buttafuori, quasi tutti senza l’obbligatorio cartellino di riconoscimento, sarebbero stati scambiati per partecipanti alla rissa anche per via dei colpi sferrati. Il caos fu inevitabile.