PALERMO – “Io i termovalorizzatori non li farò mai. Li vuole Renzi? Il piano sui rifiuti ce lo facciamo da soli”. Le parole, come annotava il Fatto quotidiano meno di un anno fa, sono del presidente della Regione Rosario Crocetta. Lo stesso che ieri ha firmato un’ordinanza che prevede la costruzione dei nuovi termovalorizzatori in Sicilia. Le convinzioni del governatore, insomma, durano lo spazio di quattro stagioni. Le cose cambiano, evidentemente. Anche i rapporti di forza. E così, anche la rivendicazione della propria autonomia dal premier suona come paradossale oggi, che il presidente siciliano ha dovuto accogliere tutte le prescrizioni, i paletti, gli obblighi fissati da Roma per superare l’emergenza rifiuti. Tutti, compreso quello. Piombato ieri in tarda serata, al “punto 14” dell’ordinanza che proroga lo stato d’emergenza in Sicilia: nell’Isola arrivano i termovalorizzatori. Quelli che Crocetta non avrebbe fatto mai.
L’ordinanza invece parla chiaro. Entro agosto il governo regionale dovrà aggiornare il piano dei rifiuti (quello che Crocetta avrebbe “fatto da solo”) secondo le prescrizioni di Roma. Quindi, entro i successivi sessanta giorni, cioè a ottobre, è autorizzato a “alla predisposizione di apposita procedura di evidenza pubblica per la realizzazione di termovalorizzatori”. Eccoli, quindi, gli inceneritori da costruire seguendo “le migliori pratiche disponibili in materia di tutela ambientale e della salute umana entro un fabbisogno stimato in circa 700 mila tonnellate l’anno”. È questa, infatti, la quantità di rifiuti da “termovalorizzare” che anche l’Ispra ha calcolato, sulla base però di una prevista crescita della raccolta differenziata che dovrà impennarsi nei prossimi mesi.
Sarà questo l’unico numero al momento da tenere in considerazione. La Regione dovrà smaltire quelle 700 mila tonnellate annue, spetterà poi alla Regione scegliere quanti impianti far sorgere (una scelta da compiere molto presto, visto che i bandi dovranno partire, appunto, non più tardi di ottobre) e in quale parte della Sicilia localizzarli.
In questo caso, però, la stessa ordinanza fornisce già delle indicazioni: i termovalorizzatori potranno sorgere “esclusivamente” in “aree in esercizio a discariche pubbliche ovvero in aree pubbliche dismesse di discariche non in esercizio ovvero in aree industriali, anche in prossimità delle stesse”. Indicazioni “esclusive”, appunto. Che rafforzano le ipotesi lanciate già da Livesicilia qualche mese fa. A cominciare dalla zona di Pace del Mela. Una zona già a dire il vero, dove è già esplosa la protesta dei Comuni. In particolare quelli di San Filippo del Mela e Gualtieri, paesi a “rischio” per la presenza di una centrale Edipower della ditta milanese A2A che potrebbe essere riconvertita appunto in inceneritore. I sindaci di quei piccoli centri hanno già indetto un referendum dall’esito scontato: quasi il cento per cento dei votanti ha detto “no” all’ipotesi. Nel frattempo la questione è giunta fino all’Ars, dove è nata una sottocommissione proprio sulla tutela della Valle del Mela, presieduta dal deputato della Lista Musumeci, Santi Formica. Il parlamentare pochi giorni fa esultava: “Stiamo per vincere la nostra battaglia”. Faceva riferimento all’ipotesi annunciata da Crocetta di far sorgere cinque piccoli inceneritori invece dei due grossi impianti. Ma al momento, l’idea della costruzione di un impianto in quella zona rimane molto quotata.
E più concreta si fa – stando appunto alle indicazioni dell’ordinanza – l’ipotesi di una riconversione in termovalorizzatori di impianti già esistenti, soprattutto in zone industriali. Una soluzione, quella della riconversione, che, stando ai calcoli di Roma, abbatterebbe di un terzo il tempo per completare i dei lavori (da circa cinque anni per un nuovo termovalorizzatore a un anno e mezzo per un impianto frutto di riconversione). E così, ecco che cresce la possibilità di trasformare in inceneritore le centrali dismesse di Augusta o di Termini Imerese. In quest’ultimo caso, tra l’altro, l’Enel ha già messo “nero su bianco” l’ipotesi di “chiudere” la centrale stessa. Che quindi si presta alla riconversione.
Anche se il termovalorizzatore a Termini comporterebbe qualche difficoltà logistica in relazione alla posizione della maggiore discarica della zona, quella cioè di Bellolampo. Una delle poche, in Sicilia, tra l’altro, nei pressi della quale sia sorto l’impianto di trattamento meccanico-biologico richiesto anche dal Ministero per l’ambiente. Così, un termovalorizzatore potrebbe nascere – dal nulla in questo caso – proprio all’altezza della discarica palermitana. Del resto l’ordinanza fa chiaramente riferimento alle “discariche in esercizio” come luoghi per l’insediamento dell’impianto.
Ovviamente tutto è legato alla scelta relativa al numero degli impianti. Al momento si oscilla tra i due inizialmente indicati da Roma e i sei individuati dal governo regionale, passando per i “cinque” annunciati da Crocetta. E così, se si sceglierà la via dei piccoli termovalorizzatori ecco che nel Catanese si torna a parlare della zona di Motta San’Anastasia, mentre torna in auge nell’Agrigentino la zona di Aragona, dove doveva già sorgere uno dei quattro termovalorizzatori della discordia, in era Cuffaro. Quando gli inceneritori non piacevano a nessuno. A cominciare dal Pd.