CATANIA – “Tra alchimisti e avvelenatori sono in tanti che vorrebbero vedere fallire la commissione antimafia regionale guidata da Claudio Fava. O meglio, la preferirebbero immobile, senza recar disturbo, come per anni è stato”. Inizia così una lunga nota dell’associazione Antiestorsione di Catania che interviene dopo alcune dichiarazioni sul lavoro che sta svolgendo la commissione.
“Nella nostra trentennale esperienza di attivismo all’interno del variopinto e frastagliato mondo antimafia, pur di portare avanti e affermare liberamente le nostre idee, abbiamo sempre parlato e ragionato chiaramente, pronunciando distintamente nomi e cognomi di uomini “grandi” e “piccini”, di “burattini”, “burattinai” e “falegnami”, che ne hanno condizionato le sorti, senza preoccuparci di pestare loro i piedi o pescare nel torbido”, si legge nella nota dell’Asaec.
E ancora: “Ecco perché oggi, ancora una volta, dopo aver pubblicamente enunciato le ragioni del sostegno proprio a quella antimafia “rompicoglioni” – così definita dall’ex governatore Rosario Crocetta che dalle pagine di un noto quotidiano siciliano gridava la sua insofferenza all’”esuberanza” della commissione antimafia regionale – avvertiamo nuovamente la necessità di sostenerne e incoraggiarne il lavoro d’inchiesta, soprattutto dopo i recenti attacchi denigratori.
La ragione è semplice: l’incessante attività d’indagine – argomentano i componenti dell’Asaec – sta via via toccando tutti i settori nei quali mafia, politica e imprenditoria hanno trovato reciproche connivenze e compiacenze finalizzate ad una pacifica convenienza. Dall’inchiesta sui beni confiscati a quella sui rifiuti, da quella sul mercato di Vittoria a quella sullo scioglimento del comune di Scicli, da quella sul depistaggio di via d’Amelio, per finire con quella sulla potente sanità siciliana”.
E continua: “A fronte di una produzione d’inchiesta su temi cui mai nessuna commissione antimafia si era mai imbattuta prima, se ne ridicolizza il lavoro, delegittimandone il presidente, quale motore propulsore, in un gioco intellettualmente e profondamente disonesto. Il lavoro scomodo e fastidioso, che per molti poteva o doveva non essere fatto, dovrebbe, invece, essere essere sostenuto poiché continua a disvelare importanti verità ricercate con l’arma più semplice ma, fra tutte, più potente. Quella che più incute paura e suscita violente reazioni: avere dubbi, fare domande e trovare adeguate risposte”.
“Il lavoro prodotto in questi anni dalla commissione regionale antimafia, dovrebbe essere – dichiarano i soci dell’Asaec – patrimonio da tutti noi studiato e difeso non solo per comprendere meccanismi collusivo-corruttivi e reciproche convenienze, ma anche per orientarsi all’interno della paludosa distesa e, per qualcuno, riserva intoccabile, dell’antimafia retorica, autocelebrativa ed autoreferenziale, incapace di riconoscere e decriptare la c.d. mafia “invisibile” così come emerso dall’inchiesta giudiziaria e parlamentare sul sistema Montante e non solo.”
La posizione è precisa: “Se attacchi e delegittimazione continue provengono da pezzi di antimafia che questo lavoro, invece, dovrebbero apprezzare, vuol dire che proprio si è colto nel segno. A nostro giudizio, il materiale prodotto dalle varie inchieste può rappresentare una straordinaria opportunità per un rinnovamento del movimento sociale di lotta alla mafia, ripartendo proprio dalla sua capacità di porsi domande, essere di denuncia, d’inchiesta capace di indagare puntualmente proprio laddove si sono celate e hanno proliferato pericolose connivenze.”