PALERMO – “Deve esserci un errore”, disse Filippo Bisconti il giorno che lo arrestarono. Altro che capomafia, lui era una fonte dei servizi segreti. Lo scorso gennaio Bisconti ha aggiunto una nuova voce al suo curriculum: boss, collaboratore degli 007 e pentito.
Bisconti faceva il doppio gioco. Accresceva il suo potere e nel frattempo spifferava notizie sull’associazione di cui faceva parte. In quali vicende ci sia il suo zampino resta un mistero confinato ai verbali che il neo collaboratore sta riempiendo. Perché quanto appena sussurrato il giorno dell’arresto lo ha poi confermato nella località segreta dove sono andati a interrogarlo.
Bisconti, boss di Belmonte Mezzagno, architetto di professione, sta parlando dei rapporti dei mafiosi con “politici, amministratori e funzionari pubblici”. Ad interrogarlo in carcere sono anche andati il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Salvatore De Luca assieme ai sostituti che si dividono le competenze delle inchieste sulla mafia di Palermo e provincia.
Bisconti, almeno così pare, non è uno dei tanti pentiti che hanno scelto di voltare le spalle a Cosa Nostra. Frequenta i salotti buoni della città, si muove con le sue aziende nel settore degli appalti, era in contatto con i potenti padrini della vecchia mafia: dal mandamento palermitano di Santa Maria di Gesù fino a Belmonte Mezzagno dove era divenuto il reggente assieme all’anziano Salvatore Sciarabba.
Nella nuova commissione provinciale di Cosa Nostra era stato chiamato a rappresentare le famiglie mafiose della provincia. Ad un certo punto, però, si defilò. Si era reso conto che i boss palermitani avevano in mente un’organizzazione palermocentrica che si lasciasse alle spalle la stagione corleonese. Infine la scelta di pentirsi perché la mafia “fa cose balorde”, così ha detto a verbale, e per affrancare la sua famiglia di sangue che non lo ha seguito nella scelta di trasferirsi in una località protetta.
“Ha sbagliato e pagherà il suo conto con la giustizia – dissero moglie e figlia di Bisconti -. Ha fatto delle scelte di vita che non condividevamo prima e non condividiamo ora. Non abbiamo alcun motivo di mandare messaggi di dissociazione a chicchessia, vogliamo soltanto continuare a vivere la nostra vita”.
Bisconti dai primi giorni dello scorso mese di gennaio ha iniziato a parlare con i magistrati. Solo alcuni dei suoi tanti verbali sono stati depositati nei processi. Il resto è coperto da un rigido omissis. Compresi i suoi legami con i servizi segreti che il boss usava per fare il doppio gioco, lui che è stato vicino ai mafiosi in contatto con Bernardo Provenzano.