Buttafuoco al vetriolo:| "Abroghiamo l'Autonomia" - Live Sicilia

Buttafuoco al vetriolo:| “Abroghiamo l’Autonomia”

Ieri la presentazione a Catania. Torna a parlare in pubblico Massimo Russo, magistrato e assessore alla sanità di Raffaele Lombardo: "Lo rifarei. Sono sceso all'Inferno ma ne sono uscito pulito".

Buttanissima Sicilia
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CATANIA – Buttanissima Sicilia è fuori. L’ultimo fatica di Pietrangelo Buttafuoco. Il titolo è immediato e vale quanto un’imprecazione. Una fotografia. O meglio, un radiografia. Il corpo dell’isola – per l’autore – è devastato. Quasi quanto quello di un malato di cancro sconfitto dalle metastasi. Il malanno è lo Statuto autonomo. Il parossismo poi – sempre per il giornalista – sta nell’esperienza al governo della Regione di Rosario Crocetta. Lo dice apertamente: “L’acqua di fogna che fa muovere il pesce mafioso è l’autonomia”.

Cappellani e Firrarello

Un quadro clinico, per non dire cinico, presentato ieri al centro Zo. Tra le poltrone alcuni dei protagonisti assoluti della politica siciliana degli ultimi anni, Giampiero D’Alia, Nello Musumeci e Massimo Russo, il magistrato che al fianco di Raffaele Lombardo ha firmato la tanto discussa riforma sanitaria. A smistare il traffico ci sono Ruggero Razza e Manfredi Zammataro, fedelissimi dell’ex presidente della Provincia etnea. Nel pubblico tanta destra, un po’ di centro e qualche sorpresa: in prima fila c’è infatti l’inedita coppia Pino Firrarello e Ottavio Cappellani. Tra loro anche due birre in via di svuotamento. Cifra di un appuntamento che, anche nella geografia dei posti a sedere, comunica suggestioni estive e quindi stanche.

L’analisi di Buttafuoco è feroce: “Abbiamo perso gli asini e ora cerchiamo le bisacce. Noi viviamo una vera emergenza. In fondo, ho scritto cose che già sapete. Non c’è famiglia in Sicilia senza un disoccupato in casa o un figlio da sfamare. L’isola andrebbe commissariata. Abbiamo urgenza di un trauma. Lo status della politica ha bisogno di decisioni”. Quella dell’autore è una provocazione, ma a suo modo fondata, e che fa da corredo al numero di commissari che al momento stanno gestendo quel che resta delle nove Province. Una riforma che, nell’analisi di Buttafuoco, è la cifra del fallimento dell’era crocettiana. Ma il fattore che più viene contestato al governatore è la vis con cui risponde alle critiche: “Per nascondere la sua incapacità – aggiunge – sono passato per omofobo, mafioso e attentatore della Costituzione. Oggi, vige l’omertà del politicamente corretto e dell’antimafia. Diciamolo, se la vicenda Humanitas fosse accaduta sotto Cuffaro, avrebbero chiamato i marines”.

Buttafuoco chiama in causa anche il presidente del Consiglio: “Della Sicilia – aggiunge – non gliene frega più nulla nessuno. Neanche a Renzi. Ma, se vuole starci davvero vent’anni al governo, deve metterci mano su questo pezzo di terra. In verità, il premier non mette piede qui perché non sa con chi farsi fotografare. La figura Crocetta, diciamolo apertamente, lo imbarazza”.

Attende il suo turno Massimo Russo, che nel frattempo è tornato in magistratura a tempo pieno. Negli ultimi tempi le sue uscite sono con il contagocce. Ma sulla propria esperienza di governo è tranchant: “Non sono affatto pentito. Il mio è stato un servizio civile, volontà di mettersi in gioco. Mi sono sporcato le mani, mi sono scommesso. Lo rifarei. Sono andato all’inferno, mi sono bruciato. Ma ne sono uscito pulito. Mi auspico di essere giudicato sui fatti, gli unici elementi che restano”.

Russo e Musumeci

In qualche punto, smentisce pure le analisi di Buttafuoco. Il piglio del giudice ci sta tutto: “Il rapporto tra mafia e autonomia è una minchiata, guardiamo il caso calabrese. I veri cancri della Sicilia sono il consenso e il qualunquismo. Certo poi, oggi siamo all’impostura totale. Questo governo campa grazie ai conti che abbiamo sanato”. Parole nette anche sulla dicotomia Mafia versus Antimafia e le relative parole d’ordine: “L’unica antimafia che riconosco è quello dell’attività giudiziaria e di chi, nel silenzio, fa il suo dovere. La mafia è il problema dei problemi. Ecco. Ma guai a strumentalizzare questa lotta”.

Una discussione che in qualche modo stuzzica D’Alia, senza però sbottonarsi più del dovuto: “C’è fame di dibattito politico vero. La Sicilia ha anticipato la crisi della politica nazionale. Le regionali del 2012 rappresentano questo. Qui si sono rotti centrodestra e centrosinistra. Ciò ha desertificato la discussione. Bisogna ripartire dai giovani. L’idea che la Sicilia sia solo una grande Asp non va più. Siamo uno stipendificio. L’autonomia non può essere attaccata all’antimafia e non può essere costruita da una sola persona. Non possiamo più tollerare il trasformismo”.

Si dilunga poi Nello Musumeci, leader dell’opposizione: “In questo contesto, essere ottimisti non serve. Sarebbe omertà. Oggi, non voglio elezioni, ma che Crocetta governi. Lui però non ha coraggio di decidere. Non puoi fare clientelismo – accusa Musumeci – in nome di una rivoluzione. Il vero tradimento sta in questo. Siamo alla pura mistificazione. Lui – aggiunge – è un uomo che utilizza la propria condizione di gay, per attaccare. Affetto com’è, glielo ho già detto apertamente in aula, da isteria autoreferenziale”.

 


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