La telefonata d’allarme piomba nella sera, a tradimento, e straccia e sconvolge il dolce rito del riparo a casa. Dall’altra parte del cell., la voce affannata di un amico: “Ero in una scuola a Pallavicino, per un corso sugli esami da avvocato. E’ venuto giù il soffitto in cartongesso. Ci siamo salvati per miracolo”. Clic. Altra telefonata: “In via Garzilli è caduto un albero. La chiesa di via Paruta è allagata”. E il viaggio verso il ricovero domiciliare diventa un incubo di paura. Ma come, non li avevi visti? Non te ne eri accorto. Eccoli, nella sera tenera e umida di Palermo, gli altri concittadini. Eccoli, strombazzanti e iracondi, in una muratura di lamiera e di frustrazioni. Il mitico traffico. Tutti come micini annegati nell’acqua, prigionieri del liquame che oltrepassa il livello delle ruote, in un delirio di fumo e luci slavate che feriscono gli occhi. Si avanza a passo di lumaca, in via Notarbartolo, la pioggia non smette di cadere.
Però è la destinazione prefissata a mettere i brividi: Mondello. Basta sussurarne il nome in un giorno di burrasca, per essere sopraffatti dal terrore. Mondello, con i suoi canali veneziani che si gonfiano di liquido quando cadono otto gocce. Come sarà adesso, nel secondo tempo del diluvio universale?
La gocciolante Via Crucis approda al bivio di un dubbio. Lancio della monetina: via Lanza di Scalea o Favorita? Intanto, il cellulare galleggia su una scia di informazioni drammatiche. Sottopassi allagati ovunque, a Palermo, panico in via Belmonte Chiavelli. Dice che i tombini sono “attuppati”. La città sommersa somiglia ad una Atlantide in sedicesimo. Naviga su una marea di tombini attuppati. L’attuppamento dei tombini – pensi con consolazione – sarà sicuramente oggetto di qualche interessante dibattito, nel nobile e civico consesso di Palazzo delle Aquile. La scelta si consuma. Di via Lanza di Scalea, almeno, si conoscono le maggiori criticità, grazie a quella sapienza idrogeologica che ogni palermitano deve possedere, se vuole sopravvivere. C’è la fossa della Marianne, in quel punto dopo il velodromo. E poi… E poi è tutto una coltre d’acqua che sommerge i fianchi della vettura. Ti salvi – o almeno lo credi – in via dell’Olimpo. Altra acqua, altri detriti. In via Venere la cartolina perfetta dell’apocalisse. Acqua e rifiuti insieme, in un affratellamento metaforico, in una sintesi nauseabonda e mirabile. Ti verrebbe di scendere e scappare dall’auto, in cerca di una improbabile via d’uscita. Ma forse è meglio annegare con dignità, con la mano tesa nel saluto militare, come il comandante Smith. Quello del Titanic.
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