CATANIA – Rendere centrale la “casa degli imprenditori”, ovvero la zona industriale di Catania; la nascita di “Energy valley”; una visione manageriale dell’amministrazione, che passa anche dalla ricucitura del rapporto tra centro e periferia e dal superamento dell’emergenza costante della città. Per Antonello Biriaco, presidente di Confindustria Catania, l’amministrazione comunale che da giugno prenderà le redini della città dovrà affrontare diversi nodi importanti, per “fare passare Catania da una condizione di emergenza a una di rilancio”.
La Zona industriale e Confindustria Catania
Biriaco, qual è il tema più importante che l’amministrazione comunale dovrà affrontare, dal punto di vista degli imprenditori?
Il nostro zoccolo duro è sicuramente nella zona industriale, che da sola genera il 23 per cento del Pil siciliano. La provincia di Catania generale 20 miliardi di Pil, è quella con il più alto tasso di industria manifatturiera in Sicilia e nel 2022 ha esportato più di 2 miliardi di euro di beni. Tutti questi valori suggeriscono una particolare attenzione per la zona industriale. Quando la zona è nata, ahimè, è stata pensata in un posto che non è dei migliori, cioè sopra un pantano, sopra l’acqua, ma sappiamo bene che negli ultimi anni c’è stato un grande abbandono.
Un abbandono da parte delle precedenti amministrazioni?
Va detto che l’attuale amministrazione, che ormai ha finito il suo mandato, ha dato una mano e l’interlocuzione non è mai mancata, soprattutto con l’assessore Arcidiacono, che aveva la delega proprio alla zona. Ma si è potuto fare il minimo, perché le condizioni erano di abbandono: strade dissestate, nessuna illuminazione, canali non puliti per cui una semplice pioggia dà effetti da bomba d’acqua con aziende private dell’uscita e dell’entrata dalla propria sede, impianto di videosorveglianza realizzato ma mai messo in funzione…
Aggiungo un fatto interessante: secondo il nostro centro studi, In zona industriale gli incidenti più frequenti non sono in aziende, ma in itinere: il lavoratore rischia di più andando e venendo dal posto di lavoro che non dentro gli impianti. Un’area così importante non merita questo genere di trattamento, soprattutto alla luce degli ultimi mesi, con i due importanti investimenti di ST Microelectronics e quello di Enel Green Power, la più grande fabbrica produttrice di pannelli fotovoltaici in Europa.
Sono segnali di una ulteriore crescita della zona industriale catanese…
Possiamo dire che oggi l’energia arriva dal sud, che passiamo da Etna Valley a Energy Valley. La provincia di Catania si può davvero definire la Milano del sud, ma tutto questo non corrisponde all’attenzione di chi ci ha amministrato in passato. Chiediamo quindi con molta fermezza che questo sia il primo punto per chi viene ad amministrare una città a vocazione imprenditoriale come Catania.
Noi chiediamo una visione manageriale: le città sono come aziende, hanno i bilanci, e noi abbiamo ferite mai sanate come Corso Martiri della Libertà, un piano regolatore non approvato, un piano regolatore portuale non approvato. Gli argomenti non mancano, bisogna capire quali sono le priorità.
L’hub del mediterraneo
Parliamo di priorità allora. Quali sono quelle degli imprenditori etnei?
Per noi Catania, con il porto e l’aeroporto che già adesso fanno numeri da favola, può essere un hub del mediterraneo, soprattutto con i progetti sulle Zone economiche speciali. Si deve passare da un’attenzione primaria per le esigenze delle imprese, di chi investe, soprattutto in momento storico così delicato, in cui tra pandemia, pandemia energetica, problema Ucraina gli imprenditori hanno vissuto come sulle montagne russe.
Alla nuova amministrazione chiediamo un’attenzione ai valori normali del fare impresa: la madre del problema per noi sono burocrazia e infrastrutture, e se avessimo le stesse infrastrutture di Emilia o Lombardia oggi ci troveremmo in situazione diversa. Parliamo, ovviamente, di infrastrutture che può gestire un sindaco: le strade, l’illuminazione di un’area periferica, un piano regolatore che dia a Catania l’impressione di essere una città che ha una visione.
Catania però proviene da anni molto complicati, dal punto di vista del bilancio.
Per questo penso che la visione deve passare da una assoluta emergenza a una di progettazione. Devono esserci due tavoli: uno per risolvere le emergenze, l’altro che riesca a progettare nell’arco di dieci anni una visione europea per la città. Quei due grossi poli di attrazione che ho citato prima, ST e Enel Green Power, fanno nascere molti investimenti per piccole e medie aziende che poi crescono. Il comparto farmaceutico è anche molto importante, così come anche lo stabilimento Sibeg. In effetti queste aziende non fanno altro che investire, e intorno a esse c’è una struttura di aziende a gestione familiare che sono l’ossatura della nostra economia. Ecco: dobbiamo essere capaci non solo di attrarre ma anche di fare rimanere chi già c’è, e questo viene anche dal dare servizi normali.