CATANIA – Una folla di gente esce dal cancello dell’Ecs Dogana. Nella calca esplode la violenza. È la mattina del 21 aprile scorso in via Dusmet. È ancora notte. Sotto gli archi della marina accade qualcosa: si vede un ragazzo armato di pistola. Diversi ragazzi a bordo di scooter scappano. Poi altri spari. I video delle telecamere di videosorveglianza hanno documentato la rissa e la sparatoria avvenuta tre mesi fa davanti alla discoteca del porto – che poi è stata chiusa per ordine pubblico dal Questore – che ha portato al ferimento di due persone, un diciottenne e un minorenne.
Quando sono arrivate le Volanti e la Polizia Scientifica non hanno trovato più nessuno: solo una serie di bossoli di due pistole: una di calibro 7,65 e l’altra calibro 40. Un proiettile ha centrato la vetrata di una bottega in disuso. Solo un caso che non ci sia stato il morto. Nella notte di oggi sono scattate le manette nei confronti di coloro che per il gip – e per la Procura di Catania – sono i protagonisti del conflitto a fuoco. La Squadra Mobile ha arrestato Sebastiano Miano, 28 anni, Giuseppe Santo Patane, 26 anni, Danilo Salvatore Napoli, 20 anni, Gabriele Gagliano, 19 anni, Gaetano Salici, 19 anni. Le accuse sono di rissa e lesioni personali, aggravate dall’uso di armi, detenzione e porto in luogo pubblico di più armi comuni da sparo nonché di maltrattamenti in famiglia e danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede.
Grazie all’esame delle telecamere, i poliziotti hanno identificato i componenti dei due fronti contrapposti. Patanè avrebbe sparato e colpito Salici. A far scoppiare la rissa sarebbe stata una discussione nata sempre all’Ecs Dogana nella notte tra il 16 e il 17 aprile scorsi. Alcuni giovani – ritenuti vicini al clan Mazzei – avrebbero impedito a Niko Pandetta di esibirsi assieme a un trapper. Nel corso della colluttazione il ‘neomelodico’ (nipote di Turi Cappello) avrebbe spinto la fidanzata di uno dei ragazzi vicini ai “Carcagnusi”. Il regolamento di conti sarebbe stato attuato il 21 aprile: Sebastiano Miano (ritenuto vicino ai Cappello-Bonaccorsi) e i suoi ‘carusi’ avrebbero voluto vendicarsi attaccando fisicamente i giovani che avevano impedito a Pandetta di salire sul palco. Da qui il raid con uso di armi. L’inchiesta ha portato a indirizzare i sospetti anche nei confronti di Napoli e Gagliano.
Le indagini hanno permesso di scoprire anche un’altra vicenda. Miano avrebbe sparato con la sua calibro 38 sul cofano dell’auto di un suo familiare. Per questo dovrà difendersi anche dalle accuse di maltrattamenti in famiglia.