Catania: fatti di estrema gravità |Niente sconti per gli etnei - Live Sicilia

Catania: fatti di estrema gravità |Niente sconti per gli etnei

Comportamenti che “destano un forte allarme sociale”, si legge. Le richieste di Palazzi considerate troppo morbide, pur riconoscendo la collaborazione di Pulvirenti. Difficile, adesso, pensare a un immediato ritorno tra i cadetti.

le motivazioni della sentenza
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CATANIA – Fatti di “estrema gravità” che “destano un forte allarme sociale”. Ecco perché il Tribunale federale nazionale ha voluto che la sentenza ai danni del Calcio Catania fosse di quelle esemplari. Una di quelle da mettere in crisi i calcoli di un ritorno immediato in cadetteria. Troppo pochi, dunque, i cinque punti di penalizzazione chiesti da Stefano Palazzi. Tutto ciò nonostante la “fattiva collaborazione fornita da Pulvirenti” sia stata riconosciuta a pieno titolo; così come il lavoro svolto dal procuratore in fase predibattimentale.

Ma c’è un “ma” ed è di quelli che pesano. Secondo i giudici sportivi, infatti, “derubricare il disegno criminoso in esame a un gesto ‘di un presidente disperato’ equivarrebbe a concepire anche solo al livello patologico, un doppio sistema, lecito e illecito, dove quello illecito garantirebbe di più e meglio risultati sportivi ed economici”. Il Tribunale, dunque, si schiera dalla parte degli sportivi. E a conti fatti non poteva essere altrimenti. “A chi assiste, disputa, partecipa a un evento sportivo – si legge nella sentenza – deve essere invece garantito il corretto e leale svolgimento della competizione e del risultato dall’unico Ordinamento che esiste, quello giuridico”.

Ordinamento che Pulvirenti avrebbe alterato con dolo. E questo non emergerebbe soltanto da quanto confermato dall’ex presidente rossoazzurro durante gli interrogatori, ma prima ancora dalle intercettazioni raccolte dalla Digos di Catania. Ed è appunto dal linguaggio utilizzato nelle telefonate analizzate dagli inquirenti che emerge un fattore che ha a dir poco suggestionato il Tribunale Federale: il profilo “criptico utilizzato appare sintomatico di comportamenti e modalità tipiche della criminalità organizzata, di quel ‘mondo di mezzo’ che mai avrebbe dovuto penetrare e contaminare l’ambiente dello sport”.

La condanna di oggi, tuttavia, non mette fine al virus del malaffare che ha invaso, quasi fossero delle metastasi, l’intero mondo del calcio italiano. Di questo i giudici federali ne sono fin troppo avvertiti, tanto da arrivare a denunciare: “Mai così tanto il sistema è apparso vulnerabile al punto che senza l’intervento del magistrato penale nessuno strumento dell’ordinamento sportivo sarebbe risultato adeguato a reprimere comportamenti di siffatta intensità criminale, tanto meno a prevenirli”.

Valutazioni sicuramente amare e che indicano come i “Treni dei gol” siano solo la punta d’iceberg di un sistema che deve essere ancora scandagliato in tutta la sua profondità. Ecco perché “non può infatti tacersi – continua il testo – la conversazione davvero indicativa della potenzialità illecita del fenomeno, nella quale Pulvirenti afferma che vincerà il prossimo campionato di serie B in quanto ha inquadrato come funziona”. Una frase che vale quanto una condanna.


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