CATANIA – Nel sabato caldo in cui tutta Italia scende in piazza per manifestare, si ritaglia uno spazio anche l’Usb Vigili del Fuoco di Catania, in sit in davanti comando provinciale. Il sindacato protesta contro il Green Pass e chiede tamponi gratuiti e il riconoscimento del Covid come malattia professionale riconosciuta.
I motivi della protesta
A parlare è Carmelo Barbagallo, coordinatore regionale Usb Vigili del fuoco Sicilia: “Siamo contro il Green Pass che di fatto sta dividendo tutti i lavoratori, senza tutelare davvero la loro salute. L’unico strumento di tutela, a tutti gli effetti, sarebbe il contratto di lavoro, che per ora è scaduto e dove si potrebbe riconoscere il Covid come malattia professionale”. In assenza di questo riconoscimento, prosegue Barbagallo, “l’unica cosa che succede, se un collega muore per Covid, è che gli pagano le spese funerarie per causa di servizio, ma la famiglia viene abbandonata. E questo per colleghi che durante tutta la pandemia sono stati in prima linea”.
“Dividere i lavoratori”
Il Green Pass, si legge in un comunicato diffuso dalla stesa Usb Vigili del Fuoco Sicilia, “non migliorerà le condizioni di salute né del nostro lavoro né dentro i nostri luoghi di lavoro”. L’effetto ottenuto, sostiene ancora Barbagallo, è quello di dividere i lavoratori: “Ci mettono gli uni contro gli altri, perché c’è chi ha il Green Pass e chi no, chi può andare a lavorare e chi no. Personalmente mi sono vaccinato, ma come organizzazione sindacale dobbiamo ribadire il principio per cui la scelta di vaccinarsi è personale e non si può imporre a nessuno, né soprattutto – prosegue ancora Barbagallo – si possono penalizzare i colleghi che scelgono di non vaccinarsi”.
Quali sono le conseguenze incontro a cui va chi non è vaccinato? “Con le ferie forzate o la sospensione – dice Barbagallo – si ha una penalizzazione economica, di anzianità e pensionistica, di fatto arrestando la carriera di chi non si vaccina. A questo si deve aggiungere che per correre ai ripari viene chiamato personale straordinario, pagato 130 euro al giorno. Questo in una situazione in cui invece chi vuole lavorare deve pagare di tasca propria un tampone ogni due giorni, e se non lo fa viene lasciato fuori”.