Cenere, imprese in ginocchio: "Istituire la zona svantaggiata" - Live Sicilia

Cenere, imprese in ginocchio: “Istituire la zona svantaggiata”

Alza la voce Mario Faro, imprenditore e presidente della consulta nazionale florovivaistica di Coldiretti

Ancora cenere vulcanica sulla zona ionico-etnea. E non sarà l’ultima. Dalla scorso febbraio a oggi l’emergenza pare non finire più, proiettando il territorio verso il collasso. A memoria d’uomo non si ricorda infatti una calamità così martellante. Tant’è che la rabbia dei sindaci, a partire da quello di Milo, si è fatta sentire. Non contro la natura, che fa il suo corso inevitabile. Ma all’indirizzo delle istituzioni. Occorre fare in fretta. Perché c’è il rischio che l’economia possa colare a picco. “Bisogna essere più decisi, perché abbiamo ottenuto troppo poco”. Alza la voce Mario Faro, imprenditore di peso e presidente della consulta nazionale florovivaistica di Coldiretti, che invoca l’istituzione di una zona svantaggiata stabile per alleviare i danni subiti dalle aziende agricole.

Mario Faro, foto Salvo Giuffrida per Paesi Etnei Oggi.

Mario Faro, contro chi ce l’ha?

“Capiamoci, noi agricoltori non vogliamo l’una tantum, non ne abbiamo bisogno. Vogliamo semmai che si compensino i costi causati dall’emergenza cenere”. 

Continua a parlare d’emergenza quando la pioggia di cenere va avanti da mesi, come mai?

“Ha ragione. Infatti, tutti i vulcanologi con cui ho parlato mi hanno detto che la situazione continuerà. Non è un fenomeno passeggero. Da febbraio a oggi lo abbiamo capito perfettamente. Chi sta a Catania, invece, lo sa fino a un certo punto”. 

Perché?

“Perché il vento predominante è quello che tira da Nord-Ovest. Significa che otto volte su dieci la cenere atterra qui, sulla zona jonico-etnea. Questo non ci agevola affatto”. 

Quali sono i danni?

“Devo dire che soltanto una parte del prodotto è danneggiata in maniera irrecuperabile. Le potature ci permettono di salvarlo. Il grosso del danno consiste invece nella pulizia”. 

E chi la deve fare?

“Da sei mesi a questa parte, ho quaranta dipendenti che si occupano esclusivamente di questo. Si tratta di un danno grossissimo, pari al 15% della forza lavoro impiegata. Per questo servono gli sgravi, così come già avviene per le comunità montane o disagiate. Si tratta di misure sacrosante”.

Cosa ne pensano gli agricoltori?

“Pensi che ho colleghi che hanno intenzione di trasferirsi nel Siracusano perché da mesi non possono più piantare neanche un’insalata”.

Se il problema è così drammatico, perché non c’è stata finora una vera e propria mobilitazione del settore?

“È una questione di mentalità”.

In che senso?

“Perché c’è il timore di fare sapere di aver subito danni per evitare che i commercianti possano acquistare i prodotti a un prezzo più basso. Ancora siamo a questo: alla miopia di una classe che ha paura ad ammettere ciò che tutti vedono. Siccome però l’emergenza durerà, ora bisogna intervenire”   

E se l’ipotesi della zona svantaggiata stabile non dovesse passare, cosa accadrebbe?

“Succede che per produrre una pianta che prima vendevo a tre euro, puntando a un margine del 20%, quello stesso margine oggi si riduce al 10%. Una percentuale che ci fa coprire appena i costi di produzione”.

Cosa succederebbe aumentando i prezzi?

“Che quella stessa pianta non la vendo proprio. Perché il nostro concorrente spagnolo, che gode già di vantaggi logistici evidenti, ci sottrarrebbe grosse fette di mercato. Ricordiamoci che non abbiamo ponti, strade e altro. E non basta essere i più bravi”.

Vede un rischio occupazionale?

“Assolutamente sì. Questa è una crisi che si manifesterà nel lungo periodo. Se si abbassa la vendita cala anche la manodopera”.

Chi deve intervenire?

“Questo dossier va gestito a livello romano. Anzi, europeo. Sto facendo pressione su Coldiretti affinché si possa far breccia. Ma il nostro è un territorio che ha un peso specifico molto minore rispetto ad altri”.

Perché cita Roma e Bruxelles ma non Palermo?

“Palermo non può risolvere il problema. Ma può farsi carico della proposta nelle sedi competenti. Diciamo che può fare da ariete”.

Il presidente della Regione ha compreso quali siano le sofferenze del vostro settore?

“Qualche mese fa ho avuto modo di interloquire con Musumeci. Il problema è che allora eravamo tutti convinti che la pioggia di cenere sarebbe cessata di lì a breve…”

E ora?

“Magari l’assessorato all’Agricoltura stanzierà 50 milioni di euro per il problema della sabbia vulcanica. Di questi, forse vedremo 10 mila euro nel 2026. Cosa risolverebbero? Glielo dico io: nulla”.


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