PALERMO- Alla fine Rosario Crocetta è stato accontentato. L’accordo tra Pd-Udc e centrodestra bocciato dal governatore è andato in fumo nell’elezione dei presidenti di commissione. Il Movimento 5 Stelle, con cui il presidente cerca un rapporto privilegiato, è entrato nella partita, ottenendo quanto richiesto a Giuseppe Lupo, ossia la commissione Ambiente. È naufragato, invece, l’accordo col centrodestra che aveva permesso l’elezione di Giovanni Ardizzone e che avrebbe dovuto consegnare a Pdl e Cantiere popolare due commissioni. D’Asero del Pdl non ha avuto la presidenza della prima, proprio come aveva chiesto Crocetta che in mattinata ieri si era pronunciato espressamente contro questo accordo. Il deputato alfaniano si deve accontentare della vicepresidenza. A bocca asciutta anche il Cantiere Popolare, che nel pomeriggio con Pippo Gianni, presidente mancato, ha stigmatizzato il patto tra crocettiani e grillini, questi ultimi entrati, a suo dire, a pieno titolo in maggioranza. L’ha spuntata invece Francesco Cascio, che ha cercato e trovato la presidenza della commissione Ue, eletto all’unanimità in forza del suo prestigio da ex presidente dell’Assemblea, ma fuori da qualsiasi accordo tra partiti. Fuori dai giochi, almeno per il momento, sono i rimasti anche i sicilianisti di Grande Sud e Pds.
Finalmente definita la nuova mappa del potere dell’Ars, si può valutare chi ha vinto e chi ha perso nella complessa partita che si è giocata in queste settimane a Palazzo dei Normanni. Rosario Crocetta, con il passaggio di oggi, si può di certo inserire tra i vincitori. Ai suoi non è riuscito lo sgambetto a Giovanni Ardizzone, mentre è andato in porto l’impallinamento di Mariella Maggio alla vicepresidenza. Il presidente ha detto a chiare lettere che la musica del patto istituzionale con il solo centrodestra non gli aggradava, e alla fine è stato accontentato. L’intesa è andata a rotoli. Ne ha beneficiato il Movimento 5 Stelle, altro vincitore della partita. I grillini, dopo aver portato a casa l’insperata vicepresidenza vicaria con Venturino, si sono accaparrati la commissione che chiedevano. E soprattutto si sono conquistati, almeno provvisoriamente, il ruolo di interlocutori privilegiati della coalizione di governo. È fin troppo evidente che tutti i proclami crocettiani di questa prima fase siano in pena sintonia con le battaglie contro i costi della politica tanto care al movimento di Grillo.
Non è andata bene al centrodestra, che è riuscito a portare a casa solo la vicepresidenza dell’Assemblea con Salvo Pogliese. Ieri sera anche Marco Falcone, come Gianni, ha dato un ironico benvenuto tra i partiti di governo ai grillini, commentando così il naufragio del patto “istituzionale” siglato nei giorni scorsi con Pd e Udc. I mal di pancia non mancano ed emergeranno nei prossimi giorni, quando però il dibattito politico verrà probabilmente monopolizzato dalla campagna elettorale per le elezioni nazionali.
Sorride l’Udc, che alla fine ha fatto il pieno senza soffrire troppo. Il partito di D’Alia, guidato a Palazzo dei Normanni dalle mani esperte di Lino Leanza, ha portato a casa la presidenza e i vertici di due commissioni, tra cui la più pesante e ambita, il Bilancio, andata al veterano Nino Dina, complici le divisioni del Pd. Il gruppo Territorio, rimasto fuori dalla giunta, ha avuto una preidenza, come chiedeva. Mentre nella lista Crocetta qualcosa è andato storto e nei prossimi giorni c’è da aspettarsi forse un po’ di maretta interna al gruppo.
Per il Partito democratico il discorso è certamente più complesso. Il Pd ha dato ancora una volta dimostrazione della sua inguaribile tendenza a complicarsi la vita da solo e a dividersi in estenuanti lotte tra fazioni. È stato necessario un viaggetto a Roma a Lupo, Gucciardi e Cracolici per comporre il pasticcio. Alla fine, tutti hanno dovuto fare un mezzo passo indietro. Cracolici non ottiene una presidenza, ma dopo il tiro dei cecchini sulla Maggio era improbabile che i suoi compagni di partito gliela perdonassero, in compenso porta a casa per un uomo della sua corrente, Digiacomo, la presidenza della prestigiosa commissione Sanità. Lupo e Gucciardi hanno dovuto ingoiare il rospo dirottando l’ex capogruppo alla commissione Bilancio ma hanno a modo loro tenuto il punto. L’ala del partito guidata da Capodicasa e Crisafulli ottiene per Bruno Marziano la presidenza della commissione Attività produttive, parziale indennizzo per la sberla subita dalla corrente con la bocciatura di Mariella Maggio. La corrente degli ex margheritini, dal canto suo, aveva già incassato due posti nell’ufficio di presidenza con Rinaldi e Barbagallo e la poltrona, scomodissima per la verità vista l’aria che tira, di capogruppo per il paziente Baldo Gucciardi. Ma al di là delle singole poltrone, il Pd ha dovuto in qualche modo soccombere sulla linea generale, vedendo sconfessata da Crocetta l’intesa raggiunta col centrodestra. L’impressione è quella di un rapporto tra governo e Parlamento che appare sbilanciato in favore del primo, con un governatore pochissimo propenso a lasciar fare ai partiti e intenzionato a dire la sua anche dentro il Parlamento, malgrado nelle settimane scorse Crocetta avesse detto l’esatto contrario.
Adesso, però, completato il risiko delle poltrone, per Palazzo dei Normanni e per la giunta è il momento di mettersi al lavoro. Ci sono tre leggi da approvare prima di stappare lo spumante, un dpef e un bilancio da incardinare, tanto lavoro da fare in tempi da record sui costi della politica. Con quali numeri? Lo si scoprirà presto. Quando nei prossimi giorni il “rivoluzionario” asse tra Crocetta e i grillini sarà messo alla prova dell’Aula.