PALERMO – Il bilancio 2020 del comune di Palermo? Difficile, se non impossibile, che arrivi entro febbraio, così come aveva invece chiesto il consiglio comunale. Ma visti i nodi ancora da sciogliere il pericolo è che il bilancio venga rimandato a chissà quando, almeno fino al momento in cui Palazzo delle Aquile potrà tirare fuori dal cilindro milioni e milioni di euro.
Una situazione drammatica, oggetto di note e relazioni degli uffici, ma che ieri è stata riassunta in modo tanto semplice quanto disarmante dal Ragioniere generale Bohuslav Basile. Convocato a Sala delle Lapidi per discutere di Amat, il Ragioniere è stato poi interpellato sul rispetto dei tempi indicati dall’Aula lo scorso 30 novembre con un apposito ordine del giorno e che prevedono che il bilancio 2020 arrivi entro febbraio.
Il punto è che, al momento, il bilancio non si può proprio chiudere. E i motivi che “non fanno dormire sonni tranquilli alla Ragioneria”, per dirlo con le parole dello stesso Basile, sono tre: il Fondo crediti di dubbia esigibilità per il quale servono 90 milioni (che potrebbero scendere a 70), i buchi di Amat e Rap per i quali servono altri 18 milioni e il raddoppio delle tariffe per i servizi a domanda individuale, in mancanza del quale il Comune dovrà pagare una penale da 8,5 milioni.
A conti fatti, si tratta di una cifra che nella migliore delle ipotesi è pari a 88 milioni e nella peggiore a oltre 116: un’enormità, se si pensa che le casse di piazza Pretoria sono asciutte come il deserto. Con una riscossione dei tributi ancora carente (un palermitano su tre continua a non pagare la Tari), il Comune nel 2019 si è dovuto fare anticipare (a interessi) la bellezza di 81,5 milioni dalla tesoreria (la Bnl), altrimenti non sarebbe riuscito a pagare stipendi, fornitori e partecipate.
Ma perché l’amministrazione si ritrova in questa situazione? La legge ha dato per anni ai comuni la possibilità di rimpinguare gradualmente il Fondo crediti di dubbia esigibilità, ma Palermo piuttosto che fare la “formica” e mettere da parte più soldi possibili ha optato per il ruolo della “cicala”, ricorrendo al metodo di calcolo semplificato. Il risultato è che, adesso, bisogna trovare 271 milioni in tre anni, praticamente 90 l’anno a partire dal 2020. E anche se si facessero i salti mortali, la cifra scenderebbe solo a 70 che comunque non ci sono.
Sempre la norma prevede che in bilancio si mettano somme pari alle perdite delle società partecipate: nel 2020 bisogna trovare 18 milioni per i buchi di Rap e Amat. Ma anche questi, al momento, non ci sono. E se l’amministrazione non si decide a raddoppiare le tariffe per asili, musei e impianti sportivi (come conseguenza del deficit strutturale), coprendo per almeno il 36% le spese a consuntivo, si dovrà affrontare una penale da 8,5 milioni. E anche questi soldi, come prevedibile, non ci sono. Per non parlare dei debiti commerciali, altri 20 milioni che serviranno nel 2021, e degli extra-costi di Rap che dovranno essere calati nella Tari.
Il Ragioniere generale non ha potuto quindi che allargare le braccia: se non si troverà una scappatoia giuridica e se Roma non cambierà le regole per gli enti locali, Palermo non potrà chiudere il bilancio, a meno di non ricorrere a misure drastiche. Una prospettiva da far tremare i polsi all’amministrazione comunale, ma anche a chi già pensa di succederle.