PALERMO – Le clausole del bando di concorso non possono essere assoggettate a un’interpretazione integrativa e così la graduatoria per l’assunzione a tempo determinato all’Università di Palermo era illegittima. A stabilirlo è stata la seconda sezione del Tar Sicilia decidendo un ricorso presentato da uno dei partecipanti alla selezione pubblica difeso dagli avvocati Pietro Luigi Matta e Valentina Matta. E adesso, grazie alla sentenza, cui gli uffici dell’ateneo si sono già adeguati, il candidato ha ottenuto un maggiore punteggio nella valutazione dei titoli e sarà assunto.
Proprio l’attribuzione del punteggio nella valutazione dei titoli è stato al centro della valutazione del processo. Il ricorrente si era classificato subito dopo l’ultimo vincitore e con un punteggio di 0,50 avrebbe vinto il concorso. Avendo vantato e provato di avere esperienze, competenze linguistiche e informatiche solo in parte riconosciute ha dunque presentato ricorso.
Poi il collegio composto dai giudici Federica Cabrini (presidente), Antonino Scianna (primo referendario) e Fabrizio Giallombardo (referendario, estensore) si è concentrato sugli aspetti sostanziali della vicenda. Prendendo le mosse da alcuni chiarimenti chiesti con ordinanza e formulati dalla commissione esaminatrice, è emerso che la commissione, a partired al punteggio massimo di 5 punti per gli “altri titoli” e del limite esplicito di 3 punti per i titoli di studio ha elaborato dei ‘limiti impliciti’ per i titoli che non fossero titoli di studio.
“Ciò penalizzerebbe – scrivono i giudici in sentenza – i candidati che abbiano, ad esempio, un numero di certificazioni informatiche, linguistiche o di corsi di formazione professionale tale da poter legittimamente aspirare ad ottenere il punteggio massimo, pur non avendo, in ipotesi, nemmeno uno dei titoli di studio ritenuti rilevanti dal bando”.
L’Università avrebbe potuto modulare differentemente il bando ma avrebbe dovuto scriverlo. “Le clausole del bando di concorso – si legge nella sentenza – non possono essere assoggettate a un procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi”.
Soddisfatti della decisione gli avvocati Pietro Luigi e Valentina Matta. “Si tratta – commentano – di una decisione importante perché sintetizza numerosi principi dell’operato delle commissioni di concorso che in questo caso sono risultati non rispettati. Positivo il fatto che l’Università si sia prontamente adeguata alla statuizione del Tar”.