PALERMO – Rosario Crocetta ne parla come se quasi già lo vedesse. I sindaci della zona sono ovviamente in solluchero. E gli investitori, indiani nella fattispecie, sfoderano ottimismo e sorrisi. La storia e un po’ anche la cronaca suggerirebbero forse maggiore prudenza negli annunci, roboanti come i motori di un jet al decollo, sull’aeroporto che nascerà, all’indicativo ça va sans dire, dalle parti della Piana del Mela. Quello stesso aeroporto che secondo l’Enac in Sicilia, dove di aeroporti ce ne sono già sei, difficilmente nascerà mai. Ma Crocetta la sicula politica già volano, anche se al momento solo con la fantasia. Un decollo che tanto non costa nulla.
Più aeroporti per tutti
Solo negli ultimi dieci anni in Sicilia sui giornali sono apparsi aeroporti più o meno dappertutto. A Comiso, alla fine, dopo mille peripezie, lo scalo, già esistente e riqualificato, è nato. Altrove, sono rimasti i titoloni.
Come quelli che riguardavano il leggendario aeroporto di Agrigento, su cui la politica sicula si esercitò parecchio tra la fine dello scorso e l’inizio dell’attuale decennio. Erano gli anni d’oro del cuffarismo e la provincia agrigentina poteva contare su sponsor politici di peso. L’aeroporto doveva nascere prima a Piano Romano, poi si spostò in Contrada Sant’Oliva, tra Licata e Campobello. «L’aeroporto si farà, non c’è dubbio, siamo tutti d’accordo», diceva con granitica certezza Cuffaro nel 2009 al Corriere della sera. La Regione aveva già messo da parte pure i quattrini. Ma quel guastafeste di Vito Riggio, che già allora guidava l’Enac, andava dicendo che l’aeroporto non c’era, che non c’erano pratiche istruite e spargeva scetticismo. Un po’ come lo stesso Riggio, dalla sua sempiterna poltrona romana, ha fatto in questi giorni a proposito dello scalo messinese che è nei piani dell’imprenditore indiano Mahesh Panchavaktra.
Gli aerei dalle parti di Agrigento non atterrarono mai. Anche se tutto procedeva “a gonfie vele”, assicuravano gli amministratori dell’epoca. E c’era anche una società svizzera, ma con radici saldamente sicule, messinesi per la precisione, a essere della partita.
Già, i famosi capitali stranieri, evocati ieri come allora. Come accadde per l’altro aeroporto fantasma dei tempi recenti, quello nientemeno che intercontinentale che doveva nascere a Enna, per la precisione a Centuripe. Anche lì articoli di stampa a non finire, governo regionale contento e ottimista (erano i tempi di Lombardo) e investitori stranieri, cinesi in questo caso, in pole position. Anche lì, la struttura da 300 milioni, non decollò. “L’aeroporto intercontinentale di Enna, un sogno che rischia di rimanere tale”, raccontava Livesicilia nel 2012, profezia sventuratamente veritiera.
Il progetto messinese e l’Enac
Dopo gli annunci degli anni passati seguiti da buchi nell’acqua, sarà questa la volta buona per far nascere il settimo aeroporto siciliano dopo Catania, Palermo, Birgi, Comiso, Lampedusa e Pantelleria? Crocetta è convinto di sì. “L’operazione prevede un miliardo di dollari di investimenti e l’aeroporto può essere realizzato in un anno e mezzo dalla autorizzazione”, ha spiegato Crocetta.
Dall’Enac è subito arrivata la frenata di Vito Riggio. Che ha ricordato “l’esistenza del Piano nazionale degli aeroporti a cui bisogna attenersi per lo sviluppo del settore”. Piano nazionale che non prevede nuovi aeroporti in Sicilia e che, in generale, premia i grandi scali e marginalizza quelli minori.
Lo scetticismo di Riggio è stato censurato da Crocetta. Che in tema di annunci aerei ama fare le cose in grande, come quando comunicò che l’Ast sarebbe diventata una compagnia aerea (ma le ali ai pullman non spuntarono). “L’area metropolitana di Messina è penalizzata dal punto di vista delle infrastrutture portuali. Il buon Riggio potrebbe dire che la zona produce poco, ma bisogna leggere il progetto. – ha detto Crocetta – L’idea è di utilizzare il porto di Milazzo per creare una struttura portuale a Milazzo capace di intercettare navi da 200 tonnellate, che venga messo in comunicazione con le ferrovie”.
Verba volant
Già, il “buon Riggio”, come dice Crocetta, potrebbe cambiare idea. Magari quando avrà ricevuto qualcosa di scritto. Visto che lo stesso Enac “si asterrà – si leggeva in una nota dell’Ente per l’aviazione civile – da ulteriori commenti in merito all’ipotesi di realizzazione di un nuovo aeroporto in Sicilia fino a quando non avrà ricevuto una relazione scritta sul progetto stesso, che l’Ente analizzerà e valuterà secondo le proprie competenze”.
Aspettando qualcosa di scritto resta lo show del Crocetta international accanto al magnate indiano, che parla di un’iniziativa che può portare dai 1.500 ai 15mila posti di lavoro (forbice invero larghetta) e che spiega come il progetto potrà dare slancio al made in Sicily nel mondo. L’aeroporto infatti dovrebbe essere anche cargo, per quanto il traffico di cargo nel vicino aeroporto di Catania sia minimo. Il piano faraonico da un miliardo di investimento per un aeroporto cargo-passeggeri, un porto e un centro logistico (più stabilimenti per la produzione di pannelli solari e altro ancora) fa sognare non solo il governatore ma anche gli amministratori locali. Sarà davvero la volta buona? La prudenza sarebbe d’obbligo anche se far volare i sogni non costa niente.