Il tombino di viale Galatea a Mondello, quel tombino che salta per la pioggia, da cui sgorgano olezzi non raccomandabili, forse, dovrebbe diventare patrimonio della derelitta umanità che lo circonda. Va bene l’odore non gratificante, ma, dai, ci si abitua. E’ talmente una consuetudine vederlo in quelle condizioni che, quasi quasi, se non accade, se non ‘scoppia’, quando piove, uno ci resta male. Ecco, si attende l’evento con drammatica fiducia. Come, da bambini, non valeva andare a Villa Giulia, se non c’era il ruggito del leone Ciccio. Derelitto leone e derelitta cittadinanza, i cui lamenti, negli anni, sono stati resi inaudibili dalla disattenta sordità di chi dovrebbe ascoltarli.
Sì, d’accordo, è una ironia un po’ bieca. Ma che altro resta da fare giunti a questo punto? Una città in cui tutti gridano, per la sofferenza e nessuno recepisce i messaggi. Peggio dell’extraterrestre di Finardi che, almeno, nella canzone, si manifestava con invisibile vocazione al pasticcio. I palermitani alzano la voce, urlano, protestano, mettono foto sui social, si incacchiano. E nessuno che replichi, nemmeno con un’alzata di sopracciglia. E, le rare volte un cui succede, uno pensa che sarebbe stato più saggio tacere, dati i contenuti.
E vogliamo ricordare la freschissima e attualissima polemica sui mercatini di Natale? Due categorie vittime dei silenzi, o di risposte burocratiche: gli artigiani e i commercianti che devono pur campare. Sono stati lasciati da soli a bisticciare, sugli spazi di via Ruggero Settimo, in assenza di qualcosa che provasse a ridurre tutto in sintesi. Ci vorrebbe la politica, ma la politica non abita qui da tempo.
Ci vorrebbe, cioè, un’idea di Palermo. Un pensiero un po’ meno visionario e un po’ più concreto, attraversato da strade, marciapiedi. Ci vorrebbe un saggio gestore dei giochi da tavolo, come il Monopoli, per provare a mettere a posto vie, persone e quartieri: cose anche semplici che pure si potrebbero tentare perfino in vista di una elezione. Invece, c’è un sindaco che sta cercando, soprattutto, di costruire il proprio monumento personale a vantaggio della posterità. E c’è una classe politica che ha dimostrato di essere egualmente – in maggioranza e opposizione – non in grado di trarre quella sintesi che si diceva, di cui ci sarebbe disperato bisogno. Ecco perché, fra i suoi tombini e i suo mercatini, Palermo si è arresa. E non ruggisce più.