CATANIA – L’esame mitocondriale eseguito sui capelli trovati in mano alla professoressa Antonella Falcidia, uccisa nella sua abitazione di Catania il 4 dicembre del 1993, “non esclude che possano appartenere alla vittima”. E’ l’esito della perizia del prof. Emiliano Giardina, dell’università romana di Tor Vergata, presentata alla prima Corte d’assise d’appello etnea davanti alla quale, a quasi 19 anni dal delitto, si celebra il processo per uxoricidio a Vincenzo Morici, il medico accusato di avere ucciso la moglie. In primo grado, a conclusione del processo col rito abbreviato, il 3 marzo del 2011, l’imputato è stato assolto dal Gup Grazia Caserta, con la formula “per non avere commesso il fatto”. La Procura, che ha appellato la sentenza, aveva chiesto la condanna a 30 anni di reclusione, sostenendo che il movente del presunto uxoricidio era passionale.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 20 novembre, e proseguirà con la requisitoria e l’intervento dell’avvocato difensore, Enrico Trantino. Vincenzo Morici, primario del reparto di Chirurgia generale dell’ospedale di Taormina, fu arrestato il 14 marzo 2007, a distanza di oltre 13 anni dalla morte della moglie, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare, con l’accusa di omicidio. Il professionista fu scarcerato 25 giorni dopo dal tribunale del riesame per mancanza di indizi. Decisione poi ribadita dalla Cassazione. L’inchiesta era stata riaperta dalla Procura di Catania nel febbraio 2007. La svolta era arrivata dopo che uno scanner in uso nell’università di Trieste – durante esami del Ris su una macchia di sangue confusa ai bordi inferiori di un divano con tappezzeria fiorata – aveva evidenziato, secondo l’accusa, le prime tre lettere a stampatello del nome del marito, ‘ENZ’, che sarebbero state scritte dalla vittima, che avrebbe così indicato nel coniuge l’omicida. Una tesi non condivisa dal Gup che ha assolto con formula piena l’imputato.