PALERMO – Poco prima di morire Antonio Tripoli, ferito da tre colpi di pistola, l’aveva indicato come il colpevole dell’agguato, ma per la Corte d’assise la testimonianza della vittima “non pienamente lucida” non sarebbe stata attendibile. Per questo Domenico Gargano fu assolto dalla corte d’assise di Palermo dall’accusa dell’omicidio dello zio, morto in ospedale, dopo un’agonia di qualche giorno, ad ottobre del 2008. Sentenza che stamane la prima sezione Corte d’assise d’appello di Palermo, presieduta da Giancarlo Trizzino, ha ribaltato condannando a 23 anni di reclusione Domenico Gargano accusato dell’omicidio dello zio Antonio Tripoli . Per lui l Pg Enza Sabatino aveva chiesto la condanna a 27 anni di reclusione sostenendo che la vittima era perfettamente in sè quando, in punto di morte, indicò il suo assassino.
Sempre secondo l’accusa il movente del delitto sarebbe stato legato a dissidi economici tra zio e nipote. Accuse che Gargano difeso dall’avvocato Enrico Sanseverino ha sempre negato dichiarandosi innocente. Nella ricostruzione delle fasi antecedenti l’agguato venne fuori che Tripoli aveva incontrato delle persone, pare per l’affitto di un magazzino. Accortosi di avere dimenticato le chiavi chiese al nipote di portargliele. Non si sa cosa accadde dopo. Ma Tripoli fu trovato in fin di vita ferito da tre colpi di arma da fuoco in via del Commercio, una strada a ridosso della stazione ferroviaria di Bagheria .
Ricoverato in ospedale era sopravvissuto per pochi giorni per poi spirare dopo un intervento chirurgico: nei giorni successivi la polizia era riuscita in qualche modo a interrogare il Tripoli, seppur in condizioni gravissime. Secondo gli elementi prodotti nell’indagine portata avanti dalla Polizia venne fuori che il Tripoli sia pure in quelle condizioni era riuscito a far intendere, a gesti e scrivendo qualche lettera, il nome dell’assassino , individuato dagli inquirenti nel nipote Domenico Gargano.